Spesso
le ferite psicologiche, anche inconsapevolmente, rendono difficili
i rapporti interpersonali sia all'interno che all'esterno della
famiglia. Laura Casali, psicologa e coordinatrice dei gruppi di
RnS della Lombardia, ci aiuta a comprendere le cause profonde
che scatenano le nostre reazioni e come attraverso il perdono
possiamo rinnovarci interiormente, rinsaldando i nostri rapporti,
ricomporre l'armonia famigliare intraprendendo così un
vero cammino di conversione.
Dice
Giovanni Paolo II nella Bolla dindizione del grande Giubileo:
«LAnno
Santo è per sua natura un momento di chiamata alla conversione.
[
] Questa, peraltro, è in primo luogo, frutto della
grazia. È lo Spirito che spinge ognuno a "rientrare
in se stesso" e a percepire il bisogno di ritornare alla
casa del Padre (cf Lc 15, 1720). Lesame di coscienza,
quindi, è uno dei momenti più qualificanti dellesistenza
personale. Con esso, infatti, ogni uomo è posto dinanzi
alla verità della propria vita. Egli scopre, così,
la distanza che separa le sue azioni dallideale che si è
prefisso». [
] Tutti hanno peccato e nessuno può
dirsi giusto dinanzi a Dio (cf 1Re 8, 46). Si ripeta senza timore:
"Abbiamo peccato" (Ger 3, 25), ma sia mantenuta viva
la certezza che "laddove ha abbondato il peccato, ha sovrabbondato
la grazia" (Rm 5, 20). [
] [Perciò] nessuno in
questo anno giubilare voglia escludersi dallabbraccio del
Padre. [
] La gioia del perdono sia più forte e più
grande di ogni risentimento» (Incarnationis mysterium,
11).
In
queste parole del Papa è contenuta tutta la ricchezza e
la profondità del perdono, poiché ci vengono rivelate
la sua natura, che è quella di essere un frutto della grazia
divina, e la sua realtà, che è dinamica in quanto
ha un inizio, uno svolgimento e una finalità. Linizio
consiste nel rientrare in se stessi e percepire il bisogno di
ritornare alla casa del Padre. Lo svolgimento consiste nel ripetere
senza timore: "Abbiamo peccato", accettando labbraccio
del Padre. La finalità sta nella conversione, che significa
amare sempre più come Gesù.
Siamo
dunque invitati ad accogliere e godere della grazia del perdono
che ci viene concessa gratuitamente affinché, donando a
nostra volta il perdono, diventiamo operatori di pace e di riconciliazione.
Inoltre,
siamo invitati a riflettere sulla necessità che ognuno
di noi ha di perdonare. Perdonare significa riconciliarsi con
Dio e con gli uomini, significa fare un cammino di guarigione
interiore, quindi, un cammino di santità.
Il
perdono è il segno distintivo del cristiano
Lo
dice Gesù nel Vangelo: «Da questo tutti sapranno
che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri»
(Gv 13, 35). E ancora, il perdono è il vertice della vita
cristiana: «Nessuno ha un amore più grande di questo:
dare la vita per i propri amici» (Gv 15, 13).
Diciamo
subito, però, che il perdono è opera di Dio
e che non dipende dallagire delluomo anche se, in
tale cammino, vi sono delle tappe preliminari di perdono psicologico
che non fanno esplicito riferimento a Dio. Tuttavia esse sono
dei vissuti parziali di una realtà che non ha ancora trovato
il suo senso, ma è una realtà divina. Sono tappe
che corrispondono a un agire divino nelluomo; perciò
predisponendoci a ricevere e a dare il perdono, avviamo in noi
unopera di apertura alla dimensione spirituale. Scegliere
di perdonare nel suo duplice movimento di ricevere e donare
il perdono significa affermare la libertà di diventare
ciò che siamo: esseri damore capaci di amare in maniera
umana e divina. In noi cè una capacità di
perdono sia psicologico che divino.
Il
primo è accessibile anche alle tecniche psicologiche e
perciò si avvale degli sforzi umani. È il «non
fare agli altri ciò che non vuoi sia fatto a te».
È il deporre larma, il non vendicarsi, lamare
se laltro mi ama
È stare nel "proprio
angolo" per evitare conflitti. Tutti possiamo accedere a
questo tipo di perdono, anzi ognuno di noi è invitato a
esercitarlo quotidianamente in ogni situazione di vita, specialmente
in quella familiare, affinché le relazioni umane possano
svilupparsi in modo meno conflittuale e perciò più
rispettoso, più ordinato e più decoroso.
Il
secondo tipo di perdono è quello divino. Conseguente a
quello psicologico (e non certo in alternativa ad esso), è
un dono di Dio e come tale non acquistabile dalluomo né
per i suoi meriti né tantomeno attraverso tecniche psicologiche.
Le
caratteristiche del perdono divino
Di
quale perdono si tratta, se è solo Dio a potermelo dare?
È
lamoreagape, lamore verso i nemici cioè
quellamore che va ben oltre il non vendicarsi. È
lamore che invita ad abbracciare il proprio nemico, a benedirlo,
a fargli del bene e, infine, a dare la propria vita per lui come
ha fatto Gesù.
È
amare non solo quando laltro non ti ama, ma anche quando
laltro risponde al tuo amore ferendoti. È passare
dalla giustizia umana che alloffesa risponde con loffesa,
a quella divina che alloffesa risponde con lofferta.
È il nuovo comandamento di Gesù: «che vi amiate
gli uni gli altri; come io vi ho amato» (Gv 13, 34). Gesù
ci invita ad amare il nostro prossimo più di noi stessi,
a preferire laltro a noi stessi, come ha fatto lui, che
ci ha amato fino a donare la propria vita. Ciò che Gesù
ci propone è un amoredono, un amore gratuito che
dà senza attendere nulla in cambio. È il «dare
tutto e poi dare se stessi» di Santa Teresa di Lisieux.
Amare
e perdonare: perché questa equazione?
Luomo
è un essere damore e di relazione, in quanto plasmato
ad immagine di Dio che è amore, ed ogni volta che non riceve
amore viene ferito.
La
ferita perciò è una mancanza damore alla quale
luomo reagisce in modo naturale, vale a dire più
o meno vendicativo: o interrompendo la relazione con laltro,
mantenendo però il ricordo doloroso e rancoroso delloffesa
subita oppure facendo pagare il debito della ferita alloffensore.
Dio,
invece, ci invita a lasciare questa reazione naturale alla ferita,
per accogliere la sua reazione divina, che è quella di
perdonare. E proprio perché il suo invito è propositivo
e non impositivo, egli attende la nostra risposta, il nostro "Sì",
che si concretizza in una scelta: la decisione di lasciare la
logica di una reazione naturale alloffesa, alla ferita subita,
per accogliere la logica divina di reagire alloffesa continuando
ad amare e rinunciando al debito che laltro ha nei miei
confronti.
Questo
invito al perdono è destinato ad ogni uomo, poiché
non esiste uomo che non sia ferito per mancanza damore.
Luomo è animato da un desiderio damore infinito
che corrisponde alla pienezza dellimmagine divina iscritta
in lui, aspira ad essere amato personalmente, senza limiti e incondizionatamente,
e ad amare totalmente. Chi potrà soddisfare questa sete
dinfinito? Solo Dio Padre, il Creatore! Ma poiché
noi attendiamo tale pienezza dalla creatura, lattesa sarà
frustrata e nel nostro tessuto damore sperimenteremo un
vuoto, una mancanza che sarà fonte di sofferenza.
La
mancanza damore, dunque, ci ferisce e ci fa soffrire. La
sofferenza a sua volta ci fa paura, ci angoscia, ci lacera dentro
e ci spinge a ripiegarci su noi stessi, a diventare egocentrici
e aggressivi. Così ci induriamo e guardiamo tutto e tutti,
anche noi stessi, attraverso il filtro di questo indurimento,
con la conseguenza che le nostre relazioni diventano sempre più
difficili, sempre più ferenti.
Laggressione
di cui siamo fatti oggetto inizialmente diventa quindi la nostra
modalità di reazione. Anzi, ci accorgiamo di non avere
più bisogno che qualcuno ci aggredisca per scoprire che
siamo capaci anche noi di aggredire per primi.
Quante
ferite damore date e ricevute! Quanti perdoni da ricevere
e da dare!
Ecco
perché linvito al perdono è rivolto ad ogni
uomo, ed ecco perché il perdono è il fondamento
di ogni cammino di guarigione di tutto luomo e quindi del
cammino di conversione e di santità.