rivista di marzo 2000


 

 

Sessualità e procreazione responsabile


La riflessione o Gesù
(Mario Cascone)

Oggi, in tema di pianificazione demografica, la mentalità consumistica reclama la libertà di usare mezzi contraccettivi meccanici e chimici ma, come ci spiega don Mario Cascone, la Chiesa - nei suoi documenti - ha posto a fondamento di tutto il discorso morale coniugale il principio che la regolamentazione delle nascite, quando avviene, deve rispettare il progetto di Dio sull'uomo.

Il Dio in cui crediamo è il Signore della vita. Egli è l’Amore, che ha creato ogni cosa con amore e per amore, dotando le creature della sua potenza di vita. Fra tutti gli essere creati è soprattutto l’uomo che fa risplendere in modo portentoso la potenza creativa dell’amore di Dio. Egli infatti è creato a immagine e somiglianza di Dio, maschio e femmina, ed è chiamato da Dio a trasmettere la vita ad altri esseri umani: «Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra» (Gen 1, 28). Relazione feconda d’amore è l’uomo, come lo è Dio nel mistero stupendo della sua vita trinitaria, da cui sgorga ogni vita.

Questa relazione d’amore si esprime in modo particolare negli sposi, i quali sono sacramento dell’amore di Dio, anzi dell’amore "che è" Dio; sono ripresentazione storica dell’incessante e fecondo amore che relaziona tra loro le Persone Divine.

Su questa base teologale si fonda la capacità, concessa da Dio agli uomini, di procreare. La signoria di Dio sul creato e la sua fecondità d’amore si trasmettono così all’uomo, suo rappresentante insigne sulla terra. Non si tratta però di una signoria assoluta, ma partecipata. L’uomo non è arbitro di agire a suo piacimento o di staccarsi dalla dipendenza creaturale che lo lega a Dio; egli non è, e non sarà mai, il creatore, ma sempre e solo il pro-creatore. L’uomo perciò deve obbedire al progetto di Dio sulla trasmissione della vita, subordinando la sua intelligenza e la sua libertà al disegno amoroso del Signore, quale si esprime nelle leggi naturali che regolano la sessualità e la coniugalità. Solo all’interno di questo progetto si può attuare una procreazione che abbia il crisma dell’autenticità e della responsabilità.

Arbitri della vita?

Cosa rischia di diventare, infatti, una sessualità sganciata dal progetto di Dio? Può trasformarsi facilmente nella ricerca spasmodica del figlio ad ogni costo, quale si riscontra nei procedimenti di fecondazione artificiale, ovvero, nel versante opposto, può far vedere la gravidanza come un pericolo da evitare con ogni sistema: l’aborto, la sterilizzazione, la contraccezione. Su questa base si costruisce una "anti-life mentality", che valuta la vita umana non come un bene intangibile e indisponibile, ma come "qualcosa" che l’uomo può gestire arbitrariamente. Il figlio "ad ogni costo" o la gravidanza da evitare "ad ogni costo" pongono l’uomo in una posizione di dominio nei confronti di Dio, che non gli appartiene ed è causa di tanti mali per lui, facendogli vivere in modo disordinato il meraviglioso dono della sessualità.

Veramente stupendo è, infatti, il dono della sessualità coniugale, attraverso cui gli sposi si donano vicendevolmente e si uniscono "in casta intimità", realizzando un atto di profondissima comunione, che può dirsi azione di lode al Signore.

Questo stesso atto sessuale, mentre esprime ed alimenta la comunione d’amore fra i coniugi, è in grado anche di trasmettere la vita ad un altro essere umano. Nel segno del reciproco donarsi, i coniugi possono ricevere il "dono" del figlio, il quale diventa l’incarnazione del loro amore, la visualizzazione perenne del loro essersi fatti dono l’uno per l’altra. Non ci sono due modi distinti di compiere l’atto coniugale, uno per unirsi e l’altro per trasmettere la vita. Dio ha voluto che nell’unico e identico atto fossero contenuti entrambi questi significati: quello unitivo e quello procreativo. Si dice, con una frase fatta, che i "due" sono talmente "uno", da poter diventare "tre"!

Questo significa che per vivere l’atto coniugale nella sua verità totale e per non snaturarlo, i coniugi lo devono vivere sempre, almeno potenzialmente, con questa sua duplice valenza. Non è perciò in loro potere privarlo, con mezzi artificiali, del suo significato procreativo, cosa che avviene con l’uso di mezzi contraccettivi. Ecco come si esprime a tal riguardo Giovanni Paolo II: «Quando i coniugi, mediante il ricorso alla contraccezione, scindono questi due significati che Dio Creatore ha inscritti nell’essere dell’uomo e della donna e nel dinamismo della loro comunione sessuale, si comportano come "arbitri" del disegno divino e manipolano e avviliscono la sessualità umana, e con essa la persona propria e del coniuge, alterandone il valore di donazione "totale". Così, al linguaggio nativo che esprime la reciproca donazione totale dei coniugi, la contraccezione impone un linguaggio oggettivamente contraddittorio, quello cioè del non donarsi all’altro in totalità: ne deriva non soltanto il rifiuto all’apertura alla vita, ma anche una falsificazione dell’interiore verità dell’amore coniugale, chiamato a donarsi in totalità personale».

Ministri del disegno di Dio

Le parole del Papa pongono l’accento sulla verità antropologica dell’atto coniugale, voluto da Dio contemporaneamente come fonte di comunione fra i coniugi e come possibile sorgente di trasmissione della vita umana. La contraccezione, ormonale o meccanica che sia, opera una scissione fra questi due significati dell’atto sessuale, non facendolo vivere nella sua verità totale.

Questo non accade quando invece i coniugi fanno ricorso ai cosiddetti "metodi naturali", attraverso cui vivono l’atto sessuale solo nei periodi infecondi, qualora, per gravi motivi, ritengano di non dover procreare; ovvero lo vivono particolarmente nei giorni in cui la donna è feconda, al fine di ottenere il dono di un figlio. Attraverso l’uso dei metodi naturali i coniugi, sempre fondamentalmente aperti al dono della vita, usufruiscono legittimamente di una disposizione naturale, comportandosi non da "arbitri", ma da "ministri" del disegno di Dio e vivendo la sessualità nella sua verità di donazione totale, senza manipolazioni e alterazioni. Essi cioè vivono l’atto sessuale senza snaturarlo, senza "comprimerlo" in una visione riduttiva, che potrebbe far intendere la sessualità solo come ricerca di piacere o, nei casi peggiori, in modo apertamente "consumistico". Tale è, per esempio, la maniera di intendere la sessualità da parte di coloro che propagandano il cosiddetto "sesso sicuro", il sesso senza rischi, vissuto apertamente in modo edonistico, spesso occasionale e promiscuo, senza alcuna considerazione dei valori in gioco e delle responsabilità morali legate a questo gesto così nobile.

L’utilizzazione dei metodi naturali, al fine di distanziare responsabilmente le nascite, è la scelta più corretta sul piano morale, perché è la più rispettosa del progetto del Signore sulla sessualità umana. I metodi naturali, inoltre, favoriscono il dialogo all’interno della coppia e sono i più "ecologici", nel senso che rispettano la natura e sono i meno dannosi. Sono anche i meno "costosi", per cui le grosse multinazionali farmaceutiche non hanno grande interesse a pubblicizzarli e spesso li dichiarano complicati ed insicuri, cosa che non risponde al vero.

È chiaro, però, che la coppia ha bisogno di essere educata all’uso dei metodi naturali, anche per spogliarsi di quella "mentalità contraccettiva" che oggi viene largamente propagandata dai mass media. L’uso di questi metodi nella vita di una coppia non s’inventa dall’oggi al domani. Esso esige anzitutto la volontà di vivere in modo personalistico la sessualità e la decisione concorde di rimanere comunque aperti al dono della vita. Ci possono essere concretamente situazioni conflittuali all’interno della vita matrimoniale, che provocano nella coppia il bisogno di fare un cammino graduale verso l’ideale morale, rappresentato dal disegno di Dio. In questo caso si parla di "legge della gradualità", e non di "gradualità della legge": non è, infatti, la legge di Dio a conoscere gradi di perfezione, perché essa è perfetta, ma è l’uomo che, tante volte, è costretto ad applicare la pedagogica legge della gradualità per conseguire a poco a poco il raggiungimento della piena verità morale.

Riferendosi all’insegnamento della Chiesa su questa materia, quale è condensato nell’enciclica Humanae vitae di Paolo VI, i vescovi francesi già nel 1968 scrissero un commento pastorale che ancora oggi trovo illuminante:

«L’enciclica provoca a un cammino. L’uomo avanza solo pazientemente, con cadute e riprese, sulla via della santità. Può capitare che alcuni sposi cristiani si riconoscano colpevoli di non rispondere alle esigenze che l’enciclica precisa. Ebbene, la loro fede e la loro umiltà li aiutino a non scoraggiarsi. La contraccezione non può mai essere un bene. È sempre un disordine; ma questo disordine non sempre è colpevole. Capita, infatti, che degli sposi pensino di trovarsi di fronte a veri conflitti di doveri… A questo riguardo richiamiamo semplicemente l’insegnamento costante della morale: quando si è nell’alternativa di doveri per cui, qualunque sia la decisione presa, non si può evitare un male, la saggezza tradizionale prevede di ricercare davanti a Dio quale dovere sia, nel caso, maggiore».