Il
tempo giubilare è anche occasione propizia per una revisione
di vita più profonda. Da questo numero avvieremo una rilettura
della nostra specifica esperienza carismatica, una revisione spirituale
del nostro bagaglio di vita comunitaria volta a risvegliare lo
stupore per l'opera che lo Spirito Santo attesta in ciascuno di
noi e nelle nostre realtà locali. Il futuro del Rinnovamento,
nella chiesa e per il mondo, non può prescindere da questo
impegno di conversione permanente. Sottoponiamoci, allora, al
vaglio della Parola e «riflettiamo bene sui nostri comportamenti».
(cfr Ag 1, 3-14)
È
davvero amore esclusivo?
L'anno giubilare è il tempo favorevole in cui rinnovare
il nostro amore esclusivo per il Signore: Dio ci ama di un amore
di predilezione, di un amore passionevole che non accetta facili
e mondani rinnegamenti. «Fino alla gelosia ci ama lo Spirito
che egli ha fatto abitare in noi... santificate i vostri cuori...
umiliatevi davanti al Signore ed egli vi esalterà»
(cf Gc 4, 5.8.10).
Poniamoci
subito alcune semplici, ma fondamentali domande: quanto è
dominante la signoria di Gesù nella nostra vita? Dove riposa
la nostra mente, il nostro cuore, la nostra volontà? Sentiamo
crescere dentro di noi, giorno dopo giorno nel nostro cammino
di conversione, il desiderio di una vita spirituale più
intensa, rigenerata dalla pratica della preghiera? Purtroppo è
possibile essere inseriti in una comunità eppure vivere
d'altro rispetto a ciò che il Signore desidera da noi.
È altresì possibile darsi molto da fare per l'avanzamento
del Regno di Dio, ma non conoscere una vera, forte esperienza
personale di Dio.
Una
regola aurea merita di essere riaffermata: l'andamento della
vita della Chiesa e l'accrescersi del Regno di Dio dipendono,
ancor prima di ogni opera buona, dalla corrispondenza interiore
alle grazie spirituali che lo Spirito Santo accorda a chi si sforza
di "entrare" nella vita di Dio mediante la preghiera.
Pregare
è respirare nella grazia
È
questo l'unico modo insegnatoci dalle Scritture per mettere in
relazione Dio e il nostro cuore. Chi non prega non è
capace d'amare. Nella relazione "cuore a cuore"
con Dio la nostra fonte umana d'amore si rigenera alla Fonte di
Dio, alla fonte inesauri bile di carità spirituale che
sola può renderci disponibili ad amare e audaci nel dilatare
gli spazi d'amore del nostro cuore. Chiediamoci: sono debole nell'amore?
È segno che la preghiera si sta infiacchendo. Non avverto
lo slancio a "ritornare" sui fallimenti d'amore registrati
nella mia vita? E segno che lo Spirito non trova spazio sufficiente
nel mio cuore per "ricordarmi" le ragioni dell'amore,
il cui confine è nella croce, "misura" del mio
amore personale per Dio e "specchio" della mia sequela
a Gesù. Solo la preghiera è capace di allargare
lo stretto ambito degli interessi personali per misurarli con
i bisogni della Chiesa e del mondo. Solo la preghiera sa offrirci
la "passione" vera per l'uomo, la stessa di Cristo,
così che ogni bene di questa terra abbia il sapore delle
cose celesti.
Quale
atteggiamento, allora, assumere? Lasciamoci guidare dalla Parola
che ci esorta a ritrovare l'intimità con Dio e la giusta
adesione alle sue attese su di noi:
- «Esaminiamo
la nostra condotta, scrutiamola, ritorniamo al Signore. Innalziamo
i nostri cuori al di sopra delle mani, verso Dio nei cieli»
(Lam 3, 40-41).
- «Chi
tra voi è nel dolore, preghi; chi è nella gioia
salmeggi...
Molto vale la preghiera del giusto fatta con insistenza. Elia
era un uomo della nostra stessa natura: prego intensamente che
non piovesse e non piovve sulla terra per tre anni e sei mesi...»
(cf Gc 5, 13-19).
-
Sul monte degli Ulivi, in ginocchio «Gesù, in preda
alla angoscia, pregava più intensamente... Poi, rialzatosi
dalla preghiera, andò dai discepoli e li trovò
che dormivano per la tristezza. E disse loro: "Perché
dormite? Alzatevi e pregate, per non entrare in tentazione"»
(cf Lc 22, 39-46).
La
nostra vita come tempo di Dio
La
preghiera è la gratuità dell'uomo verso Dio, è
il modo più autentico per essere visti da Dio e per vedere
Dio. Quanto tempo perduto, quante fatiche inutili senza perseveranza
nell'intimità con Dio che solo Spirito Santo sa realizzare.
Solo nella preghiera abbiamo la garanzia della presenza dello
Spirito che ci parla interiormente, che ci rinnova a partire dal
cuore, che "geme" nel nostro intimo facendoci esprimere
al Padre ciò che con il nostro linguaggio umano non è
dato di comprendere e di esprimere (leggere in proposito Rm 8,
1-27). Lo Spirito rende la vita di chi lo accoglie, nella preghiera,
un tempo unico. Chi vive nello Spirito non ha "tempi",
ma vive il "tempo di Dio", vive di Dio, diviene egli
stesso lo spazio e il tempo di Dio su questa terra. Perché
il mondo piange? Perché non vede Gesù e non è
entrato nel tempo di Dio.
Lo
Spirito ci fa pregare da figli
Quando
preghiamo, spesso, non ci lasciamo guidare dallo Spirito nella
giusta intimità con il Padre, così che la nostra
voce non giunge al cielo nella confidenza filiale che Gesù
ha promesso ai suoi discepoli. Vediamo, allora, quattro principi
evarlgelici che mai devono essere trascurati quando preghiamo.
Gesù stesso, nei Vangeli, ci ha lasciato molti insegnamenti
per comprendere come la nostra preghiera può risultare
gradita al Padre. Ma senza lo Spirito, mai dimenticarlo, «nulla
è nell'uomo, nulla senza colpa».
1)
Si prega nel nome di Gesù
È il lasciapassare divino, la nostra apertura di credito
presso la banca celeste. Solo nel Figlio siamo riconosciuti figli
dal Padre; solo chi ha Gesù nel cuore può averlo
anche sulle labbra, efficacemente, presso il Padre. Lo Spirito
«testimonia al Padre che siamo Figli» (cf Rm 8, 14-17):
condizione indispensabile è avere accettato personalmente
il sacrificio di Gesù per potere meritare già su
questa terra dei benefici conseguiti da Gesù con la sua
morte e risurrezione. «Perché tutto quello che chiederete
al Padre nel mio nome, ve lo conceda» (cf Gv 15, 16).
2)
Si prega con fede
Bisogna credere nelle promesse di Gesù e quando ci si sente
sfiduciati chiedere allo Spirito, che è la memoria vivente
di Gesù, di ricordarci che in Dio c' è solo "amore
e fedeltà". La causa di una crescente incredulità,
che attenta al primo e al secondo comandamento divini inscritti
nel cuore dei battezzati, derivano dal dubbio che Dio ci ami e
che sia veramente fedele nell'amore. Il diavolo è il padre
del dubbio; semina menzogne che inquinano la nostra fede, al punto
da indebolirla, fino a spegnerla. Abbiamo Cristo e la sua Parola!
Si prega, allora, "seduti in Cristo" (cf Ef 2, 4-7).
Bando a tutto ciò che non salva: idolatrie, tecniche umane,
influssi di pratiche orientali. «Manteniamo ferma la professione
della nostra fede... Accostiamoci con piena fiducia al trono della
grazia, per ricevere misericordia e trovare grazia ed essere aiutati
al momento opportuno» (Eb 4, 14-16).
3)
Si prega con insistenza
La
cultura consumistica ed edonistica imperanti sono la causa della
scarsa costanza che abbiamo nella preghiera. Molti cercano un
dio che risponda puntualmente ad ogni desiderio ora, presto e
in tutto. Nella preghiera lo Spirito non ci aiuta soltanto a dialogare
con il Padre, ma mira a rafforzare nel nostro cuore il rapporto
con lui. Se lo Spirito guida la nostra preghiera ci dà
anche di essere perseveranti come si addice ai veri amici,
altrimenti di Dio ci si stancherà presto. Dialogare con
Dio non significa ancora essere in una relazione di reciprocità
con lui, cioè avere disponibilità ad ascoltare la
voce di Dio o sapere attendere quando registriamo
il silenzio di Dio. Pregare non è come pagare
una tassa, cioè assolvere ad un obbligo di tanto in tanto
per adempiere alla giustizia. La giustizia di Dio è un'altra
cosa: Dio si compiace delle anime che non si stancano di bussare
al suo cuore, che non mettono limiti di tempo all'intervento di
Dio, che perseverano pazientemente fino a commuovere il suo cuore.
Purtroppo sono pochi gli amici di Dio e molti di più i
clienti; i primi contemplano la ricchezza della sua grazia, i
secondi mirano alla grazia delle sue ricchezze. «E Dio non
farà giustizia ai suoi eletti che gridano notte e giorno
verso di lui, e li farà a lungo aspettare? Vi dico che
farà loro giustizia prontamente» (Lc 18, 7-8).
4)
Si prega concordemente
Spesso la nostra preghiera comunitaria rimane inesaudita, perché
manca dell'accordo dei cuori. Non si tratta soltanto
di fare cerchio intorno ad una intenzione di preghiera, quanto
di verificare se siamo in pace gli uni con gli altri (cf Mc 9,
50). Si tratta, allora, di rimuovere gli ostacoli che ci sono
fra di noi, perché circoli l'amore di Dio e lo Spirito
ci renda un sol corpo per rivolgerci al Padre. Ci si dice in comunione
a partire dai cuori e non dalle necessità esteriori che
ci fanno entrare in sintonia per pregare: Dio guarda sempre il
nostro cuore e ci chiede di essere sempre riconciliati con lui
e fra di noi. «Se due di voi sopra la terra si accorderanno
per domandare qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli
ve la concederà» (cf Mt 18, 19).