Beati
coloro che si pongono alla scuola di Gesù
«L'insegnamento di Gesù si addice prima al cuore prima che alla
mente. Questa è l'unica scuola dove non si impara qualcosa. Qui si impara Gesù.
Questo è il luogo in cui Gesù srotola il cuore Suo e pronuncia uno dei discorsi
più 'rivoluzionari' della storia. Qui, infatti, si ode il manifesto della
rivoluzione cristiana, i paradossi della vita cristiana, qui Gesù convoca
ciascuno di noi: chiama alcuni, altri sgrida, ma il suo è sempre un invito, è
un appello». La terza giornata del pellegrinaggio nazionale del Rinnovamento
nello Spirito Santo in Terra Santa, 'benedetta' dal caldo sole di luglio,
inizia con l'insegnamento di Salvatore
Martinez al Monte delle Beatitudini. Lì, sull'altura immersa nel tipico
scenario che caratterizza la rigogliosa Galilea, regione che fu testimone della
predicazione pubblica di Gesù, i 250 pellegrini si sono ritrovati per ascoltare
la meditazione del Presidente nazionale del RnS incentrata, appunto, sul
significato delle beatitudini e sulla sequela di Cristo.
«Si conosce Gesù
seguendolo e imitandolo. Un vero alunno - ha affermato - non ha altro desiderio
che imparare dal Maestro. Questo facevano gli apostoli e noi, credenti di oggi,
quanto più siamo capaci di imparare il suo gesto, tanto più possiamo dirci suoi
discepoli. Sant'Agostino diceva: “il suo amore sarà tanto più grande quanto più
lo conosceremo”. Così, abbiamo bisogno di autenticare sempre il nostro “sì”: se
lo sentiamo indegno, allora dobbiamo rimetterci a questa scuola di Gesù e
imparare da Lui. E qui si viene per imparare ciò che ha fatto Gesù, che non
teme di essere imitato. Egli è Dio, il solo Maestro accreditato dal Padre, non
c'è scienza più perfetta, più umana e divina insieme di quella che Cristo qui
rivendica, che testimonia, fino al sacrificio estremo». Parole capaci di
raggiungere il cuore di ciascuno dei partecipanti e di quanti, tramite i social
media, seguono da casa questo cammino speciale. «Gesù è una parola chiara – ha
concluso poi Martinez -, se la ricevi non puoi rifiutarla. Gesù è una parola
potente e se la ricevi non puoi dirti incapace, né vinto. Oggi ognuno di noi
qui può dirsi mακάριος(dal greco,
felice) e con un cuore creato per credere».
È stato poi di nuovo Mons.
Hanna Kildani, Vicario del Patriarcato di Gerusalemme dei Latini per
Israele, a presiedere la Celebrazione Eucaristica. «Oggi cercate di vedere la
natura con gli occhi di Gesù e di immaginarla come era ai suoi tempi, dicendo
insieme: beati noi. Lasciamo andare la nostra mente - ha esortato -, e
muoviamoci alla maniera di Gesù. In tanti descrivono le beatitudini come una
sorta di “costituzione morale”, una linea di comportamento che i credenti
devono tenere. Papa Benedetto XVI affermò poi che le rivelazioni annunciate da
Gesù esprimono la perfezione dell'amore evangelico. In questa tappa dico a voi,
cari pellegrini: beati voi, che vi trovate sul monte delle beatitudini, che non
sono poesia, bensì rappresentano il Cristo stesso, ciò che i cristiani
dovrebbero imitare». Il Signore, infatti, ha concluso mons. Kildani, «ha
vissuto con la sua incarnazione, vita, morte e risurrezione le beatitudini.
Siamo tutti sul monte e abbiamo l'occasione non solo di capirle, ma di amare e
imitare Gesù».
Basta osservare i volti di chi, con età, provenienza e storia di
vita diverse, sta prendendo parte a questa esperienza per realizzare che il
messaggio evangelico contenuto nel “discorso della montagna” (Mt 5, 1-12) -
dove sorge la Basilica progettata dal noto architetto italiano Antonio Barluzzi
- è un'attualissima bussola per orientare il proprio cammino di fede. Lo
testimoniano Eufemia, il cui sorriso giovane da solo basta a raccontare lo
stupore e la consapevolezza, al tempo stesso, di queste giornate, o Serafino e
sua moglie, che da anni aderiscono al Movimento, oppure Michele, un nonno
pellegrino?capace di commuoversi ripensando alle innumerevoli grazie che Dio
gli ha riservato negli anni.
Da lì, le altre tappe “classiche” narrate dai Vangeli e che, dopo
la visita in questi luoghi, assumeranno per tutti connotati diversi,
riecheggiando nel cuore e nella mente con ancora più forza. Tabgha, nella
chiesa che ricorda l'episodio della moltiplicazione dei pani e dei pesci, con
gli splendidi mosaici della primitiva Chiesa bizantina; la chiesa del Primato
di Pietro, che custodisce la pietra su cui Cristo - secondo la tradizione e la
testimonianza della pellegrina Egeria -, dopo la pesca miracolosa preparò il
mangiare ai suoi discepoli e scelse, appunto, Pietro per guidare la Chiesa
(cfr. Giovanni 21, 1-19). Particolarmente sentito il momento in cui, ciascuna
delle guide spirituali, ha invitato i pellegrini a riflettere sulle tre domande
poste dal Signore al pescatore (“Simone figlio di Giovanni, mi ami davvero?”) e
sulla profonda valenza dell'agape a
cui, come cristiani credenti, anche noi siamo vocati. Quindi Cafarnao, con
l'antica sinagoga e gli scavi archeologici, che pure consegna una preziosa
'eredità' sulla figura del primo tra gli Apostoli.
È però nel pomeriggio che si sono sommate le sensazioni più
intense. Prima a Magdala, città ricca di scavi, recentemente restituita ad una
degna valorizzazione e inserita negli itinerari di viaggio, con l'originale
barca custodita all'interno della chiesa moderna da cui scorgere il panorama
del lago e ripensare ai passi compiuti dal Nazareno in quella terra. Carica di
emozioni l'esperienza spirituale con la preghiera di liberazione guidata da
Salvatore Martinez, prima di prendere il largo verso Tiberiade. Come da
tradizione, a bordo di due battelli, grazie alla rilettura da parte di don Guido Pietrogrande, Assistente
spirituale nazionale del RnS, del brano del Vangelo che racconta la «tempesta
sedata» (Matteo 8, 23-27), tra danze, canti di gioia e di lode, è stata vera
“Festa dei discepoli”. Con l'animo già pronto a godere delle giornate che
verranno.
Francesca
Cipolloni