Il Vangelo della liturgia di oggi ci offre un passo
che sembra completare in modo straordinario il senso di queste tre giornate.
Come alla donna adultera, presentata nel tempio dagli scribi e dai farisei,
Gesù ci ricorda che non è venuto per condannarci ma per parlarci di un Amore
che salva, a patto di rinunciare al peccato. Di fronte all’ipocrisia di chi
punta il dito (i farisei) contro la donna adultera, Gesù sembra quasi non
curarsene, scrivendo con il dito sulla sabbia… Ai peccati della donna, Gesù
antepone il dramma che ha originato il peccato e che è ben inciso nel cuore di
Dio, in modo indelebile. L’episodio della donna peccatrice, come tanti altri che
troviamo nel Vangelo, vogliono essere uno sprone per rinnovare, nei cuori di
molti, il desiderio sacerdotale (che è poi il desiderio di Dio) di stare in un
confessionale e aspettare che qualcuno venga per confessare i propri peccati.
«Per questo il Signore ci ha messo la stola – prosegue don Guido -, per questa
che potrebbe essere definita una specie di beatitudine: imparare a essere
misericordiosi confessando». Bobbiamo imparare a non sentire più il «ruvido
della pietra che abbiamo in mano» cosicché quella stessa mano possa diventare
benedicente e dire “vai in pace”.
Ognuno di noi è “colpevole di adulterio”, ovvero
ognuno è peccatore nella misura in cui «tradisce il patto d’amore con Gesù». La
strada della salvezza non ammette pietre da scagliare o sentenze da dare: «Io
faccio una cosa nuova che proprio ora germoglia! Non ve ne accorgete?» (cf Is
43, 19). La nostra infedeltà è scritta per terra, sulla sabbia: basta un alito
di vento o un’onda per spazzarla via. Oggi, allora, è doveroso meditare sulla fedeltà
di Dio e proclamare la Sua grandezza.
Inevitabile, per don Guido, ricordare con
gratitudine il mandato che sta per finire. Un Quadriennio sta per concludersi:
possiamo solo rendere grazie a Dio per le cose grandi che ha fatto in questi
anni. E se, a volte, anche noi, con le nostre debolezze, con le nostre
mancanze, siamo stati quella donna adultera evangelica, come lei dobbiamo saper
confessare i nostri peccati. E nel silenzio che prende il posto del giudizio
degli ipocriti, possiamo ascoltare la voce di Dio che ci ricorda: «Donna,
nessuno ti ha condannata? Neanche io». Gesù è qui per chinarsi sulla nostra
miseria e aspetta che ciascuno di noi diventi “tramite del perdono”, strumento
della misericordia di Dio». Allora, passiamo da una mentalità umana, gretta, a
una mentalità nuova, santa e facciamo come ha fatto Gesù: abbracciamo il nostro
fratello adultero e perdoniamolo.
Daniela Di Domenico
(08.04.2019)