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Perdonare per essere perdonati 
Omelia di don Guido Maria Pietrogrande, consigliere spirituale nazionale
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Il Vangelo della liturgia di oggi ci offre un passo che sembra completare in modo straordinario il senso di queste tre giornate. Come alla donna adultera, presentata nel tempio dagli scribi e dai farisei, Gesù ci ricorda che non è venuto per condannarci ma per parlarci di un Amore che salva, a patto di rinunciare al peccato. Di fronte all’ipocrisia di chi punta il dito (i farisei) contro la donna adultera, Gesù sembra quasi non curarsene, scrivendo con il dito sulla sabbia… Ai peccati della donna, Gesù antepone il dramma che ha originato il peccato e che è ben inciso nel cuore di Dio, in modo indelebile. L’episodio della donna peccatrice, come tanti altri che troviamo nel Vangelo, vogliono essere uno sprone per rinnovare, nei cuori di molti, il desiderio sacerdotale (che è poi il desiderio di Dio) di stare in un confessionale e aspettare che qualcuno venga per confessare i propri peccati. «Per questo il Signore ci ha messo la stola – prosegue don Guido -, per questa che potrebbe essere definita una specie di beatitudine: imparare a essere misericordiosi confessando». Bobbiamo imparare a non sentire più il «ruvido della pietra che abbiamo in mano» cosicché quella stessa mano possa diventare benedicente e dire “vai in pace”.

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Ognuno di noi è “colpevole di adulterio”, ovvero ognuno è peccatore nella misura in cui «tradisce il patto d’amore con Gesù». La strada della salvezza non ammette pietre da scagliare o sentenze da dare: «Io faccio una cosa nuova che proprio ora germoglia! Non ve ne accorgete?» (cf Is 43, 19). La nostra infedeltà è scritta per terra, sulla sabbia: basta un alito di vento o un’onda per spazzarla via. Oggi, allora, è doveroso meditare sulla fedeltà di Dio e proclamare la Sua grandezza.

Inevitabile, per don Guido, ricordare con gratitudine il mandato che sta per finire. Un Quadriennio sta per concludersi: possiamo solo rendere grazie a Dio per le cose grandi che ha fatto in questi anni. E se, a volte, anche noi, con le nostre debolezze, con le nostre mancanze, siamo stati quella donna adultera evangelica, come lei dobbiamo saper confessare i nostri peccati. E nel silenzio che prende il posto del giudizio degli ipocriti, possiamo ascoltare la voce di Dio che ci ricorda: «Donna, nessuno ti ha condannata? Neanche io». Gesù è qui per chinarsi sulla nostra miseria e aspetta che ciascuno di noi diventi “tramite del perdono”, strumento della misericordia di Dio». Allora, passiamo da una mentalità umana, gretta, a una mentalità nuova, santa e facciamo come ha fatto Gesù: abbracciamo il nostro fratello adultero e perdoniamolo.

Daniela Di Domenico

(08.04.2019)