La
tavola rotonda prevista per il pomeriggio del secondo giorno della Convocazione
si è rivelata di grandissimo interesse per l’assemblea riunita a Rimini, grazie
al tema scelto e alla levatura degli ospiti presenti, capaci di mediare
contenuti alti con linguaggi semplici e coinvolgenti.
Antonio Preziosi, giornalista e Direttore di RAI Parlamento, ha condotto
la tavola rotonda con ritmo, lasciando spazio ai relatori e puntellando gli
argomenti con acume e simpatia. Il presupposto biblico del tema è tratto dalla
conversione di Zaccheo, che si traduce in un atto concreto: «Zaccheo disse:
“Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poverie, se ho rubato a
qualcuno, restituisco quattro volte tanto”» (cf Lc 19, 8). Come ricorda
Preziosi qui si trovano condensati «il concetto di furto e di restituzione»,
dunque principi basilari dell’idea di giustizia riparativa.
Il primo a prendere
la parola è Alfredo
Mantovano, giurista, magistrato, Presidente della sezione
italiana della fondazione pontificia Aiuto
alla Chiesa che soffre; Vicepresidente del Centro studi Rosario Livatino. Mantovano,
dopo avere apprezzato la «capacità di ascolto» dell’assemblea riminese, ha
commentato la scelta di Zaccheo sottolineando che «il risarcimento al quadruplo è una misura
che mai si è trovata in nessun codice». Dunque, è la misura di una conversione
che non è superficiale. Mantovano offre anche la prospettiva del superamento
della legge, proposta da Gesù, per cui non ci si può limitare alla «misura
di una giustizia orizzontale e umana, che non poteva pretendere più di quanto
era stato tolto», che viene
superata dalla logica cristiana: «una logica che non nega la giustizia, ma
conduce alla sovrabbondanza della giustizia». A proposito della cultura della
legalità, tema abilmente introdotto da Preziosi, Mantovano ha
spiegato che questo termine, «generico e inflazionato, vuol dire niente di più
se non il rispetto della legge positiva, della legge dello Stato». Potrebbe,
però, accadere che una legge dello Stato possa anche essere sbagliata: così è,
per esempio per l’aborto per un cristiano. Dunque, non possiamo limitare il concetto
di legalità alla sola osservanza della legge, che «resta sterile se non punta a
scoprire la radice della legge che abbiamo dentro di noi… All’incontro di una comunità con Cristo –
prosegue - ha sempre corrisposto la pace interna e relazioni sociali più eque.
Si passa dalle comunità che praticano i sacrifici umani a comunità finalmente
rispettose dell’uomo... Il nostro corpo sociale va a rotoli perché non vuol
vedere Cristo e finisce per ignorare la legge che il Signore ha reso
conoscibile al nostro interno». Tra le
domande rivolte al magistrato da Antonio Preziosi, anche quella che riguarda la
metafora del sicomoro, «posizione privilegiata o di distacco». Secondo il
magistrato, il sicomoro è l’aiuto che ci permette di uscire da quello che
immaginiamo di noi stessi e di scoprire chi è Gesù, per cui occorre l’umiltà di
sentirci bisognosi di aiuto». Il problema è che oggi «è in corso una guerra
contro i sicomori»: i crocifissi da eliminare nei luoghi pubblici; le campane
da zittire nelle città…». All’appello di
Mantovani sulla necessità di prendersi cura dei sicomori di oggi, Preziosi,
risponde lanciando il motto: “Salviamo i sicomori».
L’ecomista
Stefano Zamagni, nominato da poco
Presidente della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali da Papa Francesco,
viene sollecitato da Antonio Preziosi proprio sulle provocazioni del Pontefice,
«che parla di una “economia che uccide” e si scaglia contro la legge del più
forte e la cultura dello scarto». In apertura del suo intervento Zamagni
sottolinea «l’importanza strategica in questo momento storico di un movimento
come il Rinnovamento nello Spirito: «Voi che state dentro – dice - non
percepite la capacità di trasformazione che avete, ma chi è all’esterno lo comprende
molto bene». Zamagni spiega che le affermazioni di Papa Francesco vanno
comprese a partire dai loro presupposti filosofici e metodologici: «Il Papa rilegge
la realtà con i principi della dottrina sociale della Chiesa», dunque non
attacca l’economia di mercato ma «il
modo attuale di interpretarla, che non è più in grado di soddisfare le esigenze
di benessere e di progresso morale e umano che abbiamo». Il modello attuale di
economia, spiega Zamagni, «tende a non essere inclusivo, a escludere quelli che
non sono forti, non sono altamente produttivi e diventano così scarti umani». Preziosi
ricorda, a proposito, un recente documento della Congregazione della Dottrina
della fede, Oeconomicae et pecuniariae
questiones, nel quale «si punta
l’indice sugli attuali elementi di diseguaglianza e sul mondo digitale». Un documento
portato al centro del dibattito, anche critico, da giornali come Financial Times
e New York Times, ma completamente ignorato in Italia. Zamagni ne spiega il
contenuto centrale, cioè «la condanna della tesi della doppia moralità,
proposta nel 1968 da un economista americano e universalmente accolta nella
cultura popolare e nelle università, per cui le regole etiche che valgono per
la finanza non sono le stesse che valgono per gi atri ambiti della vita
associata». Le cose possono cambiare, ma la differenza potrà farla soltanto
l’applicazione del concetto di Bene comune, che comporta non solo la
stigmatizzazione delle diseguaglianze o dell’illegalità ma anche la capacità di
trovare soluzioni: questo accadeva tra il Trecento e il Quattrocento, tre secoli
prima dell’avvento del capitalismo, quando nasce l’economia di mercato e quando
i francescani fondano il Monte di pietà per contrastare l’usura».
L’economista
annuncia poi, a sorpresa l’uscita di un nuovo documento, prosecuzione del
precedente, su un livello più pratico. Sollecitato da Antonio Preziosi sul tema
della robotica e le sfide all’umanesimo, Zamagni ha ricordato che per
contrastare l’idea trans-umanistica «per cui le macchine sostituiranno del
tutto l’uomo: noi cristiani dobbiamo impegnarci nello studio e nella
riflessione e produrre proposte concrete e argomenti fondati. Il Direttore di
Rai Parlamento Preziosi ha poi introdotto il tema dell’individualismo, in
contrapposizione all’idea di comunità, ben manifestata, peraltro,
dall’assemblea di Rimini; di fronte a questa «domanda notevole», Zamagni ha
richiamato gli indicatori di felicità individuati dall’ONU che decrescono in
misura inversamente proporzionale alla crescita della ricchezza dei Paesi
industrializzati: «La prova che l’individualismo libertario non mantiene ciò
che promette – dice – è che pensavamo che infelici fossero quelli che non
avevano nulla da mangiare. Invece sono i più felici, perché la felicità è
legata alla relazione interpersonale». Ancora una volta vale per tutti il
principio teologico cristiano per cui ciascuno si realizza nella relazione con
l’altro: «Persino Gesù lo fa, dicendo a Zaccheo “oggi devo venire a casa tua”. Anche Gesù ha bisogno dell’incontro con
noi.
La
Tavola rotonda ha visto anche la presenza di due testimoni. Marco Bartoletti, 56 anni, imprenditore
fiorentino recentemente insignito dal Presidente Mattarella dell’onorificenza dell’Odine
al merito della Repubblica per la politica di integrazione al lavoro di persone
con disabilità e malati di cancro: «Nata nel 2000 in un garage con due
dipendenti (un ragazzo cosiddetto malato e un ragazzo cosiddetto sano), la mia
impresa conta oggi 250 dipendenti. Non si tratta di no-profit ma di business,
con crescita a doppia cifra nel settore della moda, ritenuto restio
all’inclusione». Malati di SLA, ragazzi autistici e giovani con tumori sono
l’ossatura di quest’azienda: «L’economia selettiva e competitiva è da ridiscutere
– afferma – e noi dobbiamo interrogarci sul fatto che privando le persone
ammalate di una vita normale, siamo stati capaci di fare peggio della loro stessa
malattia: le abbiamo private della dignità».
E, a proposito di dignità, la
seconda testimonianza portata sul palco è stata quella dell’avvocato Mariano Baldini, oggi detenuto e giunto
a Rimini con un permesso speciale. In carcere ha incontrato la proposta di Prison Fellowship International:
incontrarsi con le vittime di reato: «Questo incontro mi ha cambiato la vita».
Oltre vent’anni di successo e di vita agiata tra Londra e l’Italia e poi la
colpa, che lo costringe in carcere: «Con il Progetto Sicomoro ho visto la
sofferenza dalla parte delle vittime… sono passato da una posizione di difesa a
una posizione di apertura». Oggi apprezza cose che prima non considerava a
sufficienza: «Il rapporto con mia moglie e i miei figli, le bellezze della vita
quotidiana… ho rivisto il mare dopo tanti anni». Grazie a Prison, Mariano
riprende in mano la sua vita, consegue una seconda laurea e ottiene un lavoro
da remoto per una Fondazione dell’Università cattolica presieduta da Letizia
Moratti.
Al
Presidente Martinez il compito delle
conclusioni: «Questi tre amici meritano il nostro ringraziamento. Abbiamo qui
rappresentati il mondo della Giustizia, dell’Economia, della Comunicazione. Tre
mondi che spesso non dialogano fra loro… Noi abbiamo ricevuto da Giovanni Paolo
II una consegna nel 2002, quello di diffondere la Cultura di Pentecoste senza
la quale non sarà possibile la civiltà dell’amore. La cultura della Pentecoste
si fa mettendo in dialogo tutte le ricchezze, da quella scientifica a quella
culturale, artistica, economica, politica e, naturalmente, spirituale». Citando
Luigi Sturzo e riprendendo il tema economico, Martinez osserva che «quando
l’economia uccide è immorale e uccide non solo chi la subisce ma anche chi la
provoca, come nel caso di Giuda che, diversamente da Pietro, non entra in
dialogo con Gesù e non può riceverne il perdono… come nel caso dei tanti che si
sono suicidati, per esempio dopo l’operazione Mani Pulite». Richiamando il
Magistero della Chiesa, MArtinez ricorda: «Giovanni Paolo II, nella Centesimus
annus, afferma che la principale risorsa dell’uomo è l’uomo stesso e Francesco ci
ha chiesto di non essere solo credenti ma cittadini: siamo attesi nei luoghi
dove possiamo rinnovare la società… dobbiamo essere nuovi Zaccheo che rifondano
la società a partire dai tre impegni che abbiamo preso con Papa Francesco,
battesimo nello Spirito, lode e servizio all’uomo». Prima di tutto, dunque, la preghiera,
e poi azioni concrete con l’intelligenza che viene dallo Spirito e una fede
pensata per trovare soluzioni, come lo è Prison Fellowship o l’azienda di
Bartolini: «Sviluppiamo questa sensibilità anche a livello di base, nei condomini,
nei consigli comunali, in associazioni di magistrati come di casalinghe, con
iniziative, cooperative, progetti innovativi. Noi cristiani – conclude il
Presidente – non siamo un virus da debellare ma siamo operatori sani di laicità:
non esiste umanesimo più perfetto di quello che Gesù, fatto uomo ci ha
consegnato».
Luciana Leone