Nella
seconda metà della mattinata, è ancora Salvatore Martinez a esplicitare
ulteriormente quello che può essere considerato un unico intervento. Tre le direttrici
che guidano la riflessione del Presidente: la comunità, la pastoralità, la
missionarietà.
Sul
primo tema, quello della comunità, l’analisi, prima ancora che spirituale, è
sociologica: «Se l’individualismo è il male del secolo, la fraternità è l’antidoto
a questo male». L’azione dello Spirito Santo è quella di mettere insieme, di
dilatare, di compiere «un esodo, innanzitutto da noi stessi… In un tempo in cui
manca l’apertura al trascendente e si sta sacrificando l’umanità su molti altari
satanici, occorre contrapporre alle visioni conflittuali l’azione di
riconciliazione che è propria dello Spirito Santo». Venendo al Rinnovamento,
Martinez osserva che «lo Spirito Santo è sacramento di comunione e che questa
azione unificante deve avvenire a partire dai gruppi, che abbiamo deciso di
chiamare comunità: non nel senso canonico del termine, ma nella direzione di
una vita comunitaria che riproduca le dinamiche del corpo di Cristo, così come
sono esplicitate nella Prima Lettera ai Corinzi, in termini di interazione e corresponsabilità».
In questo senso, la vita comunitaria si riverbera sul mondo intero, come papa
Francesco non smette di ricordare, «insistendo su un’idea di fratellanza
universale che non è miscellanea sincretistica di religioni, ma è tornare all’unico
destino del genere umano che è Dio». Oltre all’individualismo, nemico della vita
comunitaria, Salvatore addita un ulteriore elemento culturale disgregante e
distruttivo: la «perdita del senso del limite che ha assunto, nella civiltà
dell’errore, una dimensione gigantesca: se tutto diventa possibile, si
profilano il fallimento e la fragilità, causati dall’eccessiva stima di se stessi
o, al contrario, dalla perdita della stima di sé». E poi, ancora, l’egoismo,
che ci fa mancare le relazioni, la superbia, che le fa alterare, la
concupiscenza che ce le fa usare, la menzogna che le falsa. Sulla comunità il
Presidente è molto assertivo: «Siamo una comunità nazionale: ogni parte del
corpo si muove nell’unico dinamismo, anche le parti meno visibili (come gli
anziani o i sofferenti o i più deboli). Tutti, al di là della loro funzione
specifica, hanno la stessa missione: mostrare quel corpo nella sua interezza e
rivelare che è corpo mistico di Cristo». La crescita nella comunione avviene
certamente con la crescita e la formazione, «ma non è questa la misura della
comunione, quanto piuttosto la vita personale di fede, l’Eucaristia, il
dipendere da Dio e dalla sua Parola». Allora il cammino del Rinnovamento sarà
generato e generativo. In caso contrario, come ci racconta la storia, i carismi
finiranno non con il “distinguere” ma con il “dividere”.
Sulla
seconda questione, quella della pastoralità, il Presidente RnS ricorda la
differenza che intercorre tra l’essere servi e l’essere amici, di memoria
giovannea: «I servi obbediscono senza capire. Gli amici sanno. Oggi, dire che
animatori e responsabili non sanno non è più giustificabile. Se siamo in amicizia
con Gesù, non ci limitiamo a un’obbedienza cieca: conosciamo il cammino da fare,
assumiamo la responsabilità di difenderlo, proteggerlo, animarlo». Per farlo,
raccomanda Salvatore, occorre una nuova fraternità tra i responsabili e un
ritorno «non solo alla conoscenza, ma all’esperienza della Parola di Dio.
Altrimenti ci saranno accentramenti, criteri arbitrari, insignificanza degli
anziani, che invece ci hanno generato; insignificanza dei giovani, che invece
sono capaci, preparati e – insiste con forza – devono stare all’interno degli
organi pastorali!». Infine, riguardo alla missione, il Presidente rimanda all’intervento
successivo, quello che concluderà la 42esima Conferenza animatori, ma anticipa
sinteticamente tre evidenze. Preghiera:
tutto nasce dalla preghiera comunitaria carismatica; seminari di effusione: dentro e fuori i gruppi e le comunità; carismi: ripensati nella duplice
direzione della comunità e del mondo, dell’animazione e della missione. Con le
reliquie di San Giovanni Paolo II e della Beata Elena Guerra, si conclude in
preghiera, benedicendo l’opera dello Spirito Santo.
Luciana
Leone