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La creazione e tutte le creature gridano «Abbà padre!». 
Omelia di mons. Tommaso Valentinetti, Vescovo di Pescara - Penne
42ª Conferenza nazionale animatori - Clicca per ingrandire...

“L’incarnazione delle opere di misericordia corporale”: questo il tema al centro dell’omelia di mons. Tommaso Valentinetti che ha presieduto la Celebrazione eucaristica nella seconda giornata della Conferenza, giorno che, liturgicamente, celebra la commemorazione di tutti i fedeli defunti, affidandoli alla misericordia di Dio.

Un’omelia iniziata con alcune domande, la prima, richiamando la liturgia dei Santi: «Chi sono quei 144mila segnati (di cui si parla nell’Apocalisse, cf 7, 2-4.9-14)? Chi sono coloro che sono vestiti di bianco e da dove vengono?». A questa domanda il Vescovo collega altri quesiti: «Qual è quella creazione che geme e soffre le doglie del parto? Chi sono questi fratelli, che pur possedendo queste primizie dello Spirito, gemono interiormente aspettando l’adozione a figli, la redenzione del corpo?».

A partire dal Vangelo e dai brani della liturgia, il Vescovo ha incisivamente parlato del Creato e della condizione di alcune creature verso le quali rivolgere lo sguardo e non chiudere i nostri occhi. «La creazione stessa geme per le doglie del parto, una creazione, una realtà della natura bistrattata e violata che lungi dal sprigionare tutte quelle energie buone, belle e positive che il Creatore ha messo nella natura stessa, e che l’uomo costantemente avvilisce. Un Creato distrutto, una natura che sta soffrendo terribilmente le doglie di un parto nuovo, ma che viene avvilita costantemente dall’incuria e da una non capacità dell’uomo di comprendere che siamo stati messi in un giardino e che quel giardino va amato e custodito…».

Mons. Tommaso Valentinetti ha poi puntato un faro su quelle categorie, proposte dal Vangelo stesso, di fratelli e sorelle che soffrono, che non riescono ancora a liberare totalmente la potenza interiore che lo Spirito sta riversando nella loro vita. «Sono gli affamati (si pensi al dramma della fame nel mondo); sono gli assetati (ecco il dramma del problema dell’acqua del pianeta…). La prossima Guerra mondiale, sperando che non ci sarà, non la faremo per il petrolio ma per l’acqua. Ci sono popoli sempre più senza risorse vitali; questi sono gli stranieri. Quale politica si sta vivendo oggi in Italia riguardo a questa realtà? …Qual è la vera scelta che facciamo di fronte a questi problemi? Chiudere gli occhi e pensare solo alla nostra pancia o guardare con serenità a una realtà che ci interpella…?».

Cosa ne è poi dei malati? I malati del Sistema sanitario nazionale e internazionale diventano sempre più oggetto di guadagno. Se noi non usciamo da queste terribili logiche, se noi non riusciamo a guardare il malato come essere umano, bisognoso di cure, di amore, del mio amore di volontario, di operatore sanitario, di medico, distruggeremo la realtà fisica del malato riducendolo a una cosa.

I carcerati: le testimonianze di oggi pomeriggio ci hanno messo in discussione e inquietato. Ma perché? «Perché c’è una mentalità giustizialista che oggi aleggia dappertutto. C’è qualcuno che, quando vede un fratello o una sorella che ha commesso un reato e viene condannato a una pena, dice: “Bisogna buttare la chiave del carcere”! Questa è follia cari fratelli, perché noi siamo di fronte a esseri umani che vanno rispettati nonostante i loro errori; esseri umani che, pur nel peccato, hanno diritto al rispetto della loro dignità e alla possibilità di riscatto della propria vita…».

A questo elenco di uomini e donne da servire, mons. Valentinetti ha aggiunto un’altra categoria: i malati nello spirito e nell’interiorità. Non si tratta di un discorso sociologico, ma di una spiritualità che sia coniugata con l’umanità «affinché questi fratelli e sorelle possano fare spazio a quello Spirito che li ha resi figli adottivi, non per merito umano ma per l’infinita misericordia del Signore per mezzo della quale essi gridano “Abba Padre!”».

Lo ha ribadito lo stesso presidente, Salvatore Martinez, ringraziando il Vescovo al termine della Celebrazione: «Non è un discorso sociologico caro padre, ma pneumatologico, e noi lo dobbiamo affermare con grande chiarezza: se fosse solo un rinnovamento spirituale e non sociale sarebbe uno spiritualismo disincarnato, ma se fosse solo rinnovamento sociale e non spirituale sarebbe un messianismo terrestre che niente ha a che fare con la vita eterna».

Antonella Di Coste

(03.11.2018)