“L’incarnazione delle opere di misericordia
corporale”: questo il tema al centro dell’omelia di mons. Tommaso
Valentinetti che ha presieduto la Celebrazione eucaristica nella seconda
giornata della Conferenza, giorno che, liturgicamente, celebra la commemorazione
di tutti i fedeli defunti, affidandoli alla misericordia di Dio.
Un’omelia iniziata con alcune domande, la prima, richiamando
la liturgia dei Santi: «Chi sono quei 144mila segnati (di cui si parla
nell’Apocalisse, cf 7, 2-4.9-14)? Chi sono coloro che sono vestiti di bianco e da
dove vengono?». A questa domanda il Vescovo collega altri quesiti: «Qual è
quella creazione che geme e soffre le doglie del parto? Chi sono questi
fratelli, che pur possedendo queste primizie dello Spirito, gemono
interiormente aspettando l’adozione a figli, la redenzione del corpo?».
A partire dal Vangelo e dai brani della liturgia,
il Vescovo ha incisivamente parlato del Creato e della condizione di alcune
creature verso le quali rivolgere lo sguardo e non chiudere i nostri occhi. «La
creazione stessa geme per le doglie del parto, una creazione, una realtà della
natura bistrattata e violata che lungi dal sprigionare tutte quelle energie
buone, belle e positive che il Creatore ha messo nella natura stessa, e che
l’uomo costantemente avvilisce. Un Creato distrutto, una natura che sta
soffrendo terribilmente le doglie di un parto nuovo, ma che viene avvilita
costantemente dall’incuria e da una non capacità dell’uomo di comprendere che
siamo stati messi in un giardino e che quel giardino va amato e custodito…».
Mons. Tommaso Valentinetti ha poi puntato un faro
su quelle categorie, proposte dal Vangelo stesso, di fratelli e sorelle che
soffrono, che non riescono ancora a liberare totalmente la potenza interiore
che lo Spirito sta riversando nella loro vita. «Sono gli affamati (si pensi al dramma della fame nel mondo); sono gli assetati (ecco il dramma del problema
dell’acqua del pianeta…). La prossima Guerra mondiale, sperando che non ci
sarà, non la faremo per il petrolio ma per l’acqua. Ci sono popoli sempre più
senza risorse vitali; questi sono gli
stranieri. Quale politica si sta vivendo oggi in Italia riguardo a questa
realtà? …Qual è la vera scelta che facciamo di fronte a questi problemi?
Chiudere gli occhi e pensare solo alla nostra pancia o guardare con serenità a
una realtà che ci interpella…?».
Cosa ne è poi dei malati? I malati del Sistema sanitario nazionale e internazionale
diventano sempre più oggetto di guadagno. Se noi non usciamo da queste
terribili logiche, se noi non riusciamo a guardare il malato come essere umano,
bisognoso di cure, di amore, del mio amore di volontario, di operatore
sanitario, di medico, distruggeremo la realtà fisica del malato riducendolo a
una cosa.
I carcerati:
le testimonianze di oggi pomeriggio ci hanno messo in discussione e inquietato.
Ma perché? «Perché c’è una mentalità giustizialista che oggi aleggia
dappertutto. C’è qualcuno che, quando vede un fratello o una sorella che ha commesso
un reato e viene condannato a una pena, dice: “Bisogna buttare la chiave del
carcere”! Questa è follia cari fratelli, perché noi siamo di fronte a esseri
umani che vanno rispettati nonostante i loro errori; esseri umani che, pur nel
peccato, hanno diritto al rispetto della loro dignità e alla possibilità di
riscatto della propria vita…».
A questo elenco di uomini e donne da servire,
mons. Valentinetti ha aggiunto un’altra categoria: i malati nello spirito e nell’interiorità. Non si tratta di un
discorso sociologico, ma di una spiritualità che sia coniugata con l’umanità
«affinché questi fratelli e sorelle possano fare spazio a quello Spirito che li
ha resi figli adottivi, non per merito umano ma per l’infinita misericordia del
Signore per mezzo della quale essi gridano “Abba Padre!”».
Lo ha ribadito lo stesso presidente, Salvatore
Martinez, ringraziando il Vescovo al termine della Celebrazione: «Non è un
discorso sociologico caro padre, ma pneumatologico, e noi lo dobbiamo affermare
con grande chiarezza: se fosse solo un rinnovamento spirituale e non sociale
sarebbe uno spiritualismo disincarnato, ma se fosse solo rinnovamento sociale e
non spirituale sarebbe un messianismo terrestre che niente ha a che fare con la
vita eterna».
Antonella Di Coste