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La comunità è una grazia nella battaglia della vita 
La relazione di padre Antonio Spadaro, direttore de “La Civiltà Cattolica”
42ª Conferenza nazionale animatori - Clicca per ingrandire...

Il secondo relatore della mattina del 2 novembre è padre Antonio Spadaro, teologo, saggista e direttore de "La Civiltà Cattolica". Di ritorno dal Sinodo dei Giovani, è chiamato a parlare al Rinnovamento di "Vita comunitaria, discepolato carismatico, servizio all'uomo" alla luce del Magistero di Papa Francesco. «Questo trinomio che mi avete affidato - afferma il Teologo - riassume il vostro cammino degli ultimi anni e vuole essere uno stimolo ad andare avanti». Padre Antonio ammette che non è semplice per un gesuita parlare di vita comunitaria; lo stesso Papa Francesco ha scelto di vivere a Santa Marta, non perché l'appartamento pontificio nel Palazzo apostolico fosse lussuoso, ma perché è troppo solitario: «Io ho bisogno di vivere la mia vita insieme agli altri», ammise Papa Francesco durante un'intervista.

 

Continua don Antonio Spadaro: «È bene riconoscere lo Spirito Santo come forza centripeta e centrifuga, vivere secondo lo Spirito Santo vuol dire vivere in questa continua tensione, protesi verso Dio e verso il mondo». Bergoglio, da provinciale dei Gesuiti argentini, contrapponeva la colomba dello Spirito che vola, allo struzzo che invece nasconde la testa. Il cristiano non è chiamato a essere chiuso nella bottega di restauro, né in un laboratorio di utopie.

 

Nell’Esortazione apostolica “Gaudete et Exsultate” leggiamo come la vita cristiana sia un combattimento permanente, da soli perdiamo il senso della realtà e soccombiamo. Vivere con gli altri, invece, ci dà la chiarezza interiore, che è spirituale. «Quale grazia è avere una comunità mentre si combatte la battaglia della vita». «È difficile lottare per farci santi se non percorriamo il nostro cammino di santificazione nella comunità. Il servizio santo di cui parlerò - afferma padre Antonio Spadaro - è il servizio della Misericordia». Secondo Papa Francesco la parola misericordia non è un sostantivo ma un verbo: “misericordiare”. Al n. 80 della “Gaudete et Exsultate” il Pontefice scrive che la “misericordia” è servire e perdonare; solo insieme, i due poli del servizio e del perdono possono essere compresi. Il servizio non è un fare qualcosa, ma la vita stessa è e non ha una missione, per servire però c'è bisogno di una comunità.

 

Per quanto riguarda il discepolato carismatico, il Biblista ha spiegato che esso si fonda, anzi di più, è il discernimento, che è riuscire a riconoscere le tracce di Dio dove Lui è e si fa trovare, non dove noi crediamo che Lui sia. Si fa discernimento quindi per riconoscere come compiere meglio la missione che ci è stata affidata nel battesimo. Il carisma del discernimento è strumento di lotta per seguire meglio il Signore. Alcune delle tentazioni che ci allontanano dal servizio agli altri sono la falsa umiltà (“io non so fare nulla”) e la deresponsabilizzazione, il credere di dover essere serviti dalla comunità. Al contrario, lo Spirito Santo ci responsabilizza sempre.

 

Padre Spadaro afferma che uno dei frutti del Sinodo con i Giovani sia stato proprio riaffermare la forma sinodale stessa della Chiesa: ciascuno di noi, cioè, è responsabile della Chiesa. E conclude: «È importante che ognuno trovi il proprio posto di servizio all’uomo in mezzo all’uomo».

Egle Pecora

 

(02.11.2018)