«La legge
dello Spirito dà vita in Cristo Gesù» (Rm 8, 2a). Muove da un passo della
Lettera ai Romani don Angelo Passaro, professore di Sacra Scrittura alla
Facoltà teologica di Palermo e direttore di “Rivista Biblica”, per commentare
il tema della 42ͣ Conferenza nazionale animatori: «…E si prese cura di lui» (Lc
10, 34b). «La legge dello Spirito della vita – dice - ha liberato quelli che
sono in Cristo Gesù. Perché l’uomo non deve più trovare il suo principio nel
proprio io, dal momento che Gesù Cristo è diventato il nuovo principio nei suoi
confronti. La fragilità dell’umano ci consegna alla nostra condizione di figli
nel Figlio per il dono dello Spirito, capaci di chiamare Dio “Abbà” (cf Rm 8, 15), capaci di fare
nostro il punto di vista del Figlio, che è il punto di vista dell’uomo “mezzo
morto” di cui parla la parabola del Buon Samaritano. È lo Spirito la misura
della nostra figliolanza. Lo Spirito di Cristo ci fa responsabili, ci abilita a
scegliere la risposta che Gesù ha dato al Padre: “Si compia in me la tua
volontà”». Commentando, tra l’altro, la parabola del Figliol prodigo (cf Lc 15,
11-32), don Passaro spiega come dalla figliolanza scaturisca la fraternità: «La
consegna della propria condizione filiale – dice – apre alla fraternità. Non si
può essere fratelli attenti gli uni agli altri senza la consapevolezza di
essere figli nel Figlio per il dono dello Spirito». Una fraternità che «si apre
a ogni uomo, chiunque egli sia». Di qui, il concetto di «responsabilità
credente», che il Relatore sintetizza nel passo: “Abbiate in voi lo stesso
sentire di Gesù, la sua stessa passione per Dio e per l’uomo” (cf Fil 2, 5)».
Vita nello
Spirito e servizio santo: «Non c’è servizio santo – spiega - che non sia anche
solidarietà con il mondo, perché nel servizio santo dei figli il mondo impara
che c’è un’inquietudine che attende di risolversi nella speranza. Quella
speranza certa che non delude. Camminare nello Spirito – continua - è decidersi
continuamente e costantemente per una lotta senza compromessi o concessioni
contro l’esistenza egoistica. Una vita “spirituale” per un servizio santo è
un’esistenza nuova nella quale e dalla quale si è interpellati e illuminati in
modo nuovo, come sta scritto: “se uno è in Cristo, è una nuova creatura; le
cose vecchie sono passate; ecco, ne sono nate di nuove” (2Cor 5, 17). Bisogna abitare
e vivere la comunità umana, cioè andare oltre gli spazi, peraltro importanti
della nostra appartenenza, per interessarci, prenderci cura di quella creazione
che attende la rivelazione dei figli di Dio (cf Rm 8). È un cambio di paradigma
– conclude il Relatore - che ribalta i criteri che usualmente strutturano
l’esistenza, anche quella credente ed ecclesiale. Dio, nel Figlio, si è
compromesso in tutto, fuorché nel peccato, con la condizione umana. La kènosi (“svuotamento”) del Figlio
testimonia questa nuova via che inaugura una vita sempre nuova, cristicamente
segnata, santamente vissuta».
Lucia Romiti
(02.11.2018)