Martinez: “Nessun
popolo può fare a meno degli altri:
la soluzione ai mali sociali è nella cultura
dell’incontro e in modelli di leadership condivisa”
Il Presidente del Rinnovamento nello Spirito e della Fondazione Vaticana
“Centro internazionale Famiglia di Nazareth”, Salvatore Martinez, è in missione
negli Usa, tra New York e Washington, per una fitta agenda di incontri con
rappresentanti di Istituzioni religiose, politiche e accademiche anche nella
veste di Rappresentante Personale della Presidenza Italiana in esercizio OSCE
2018, Dimensione 3 sui “Diritti umani” con delega alla “Lotta al Razzismo,
Xenofobia e Discriminazione”.
In particolare Salvatore Martinez sarà a Washington dal 6 al 9 febbraio,
per partecipare alla 66a edizione del National Prayer Breakfast (NPB), che si
terrà come da tradizione nella Capitale degli Stati Uniti d’America.
Da oltre 17 anni il Presidente Martinez partecipa alla tradizionale
“Colazione di Preghiera” organizzata da una speciale Commissione composta da
Senatori e Congressisti degli Stati Uniti. Il NPB è il più grande network interreligioso
di leader che riconoscono in Gesù, a prescindere dalla professione di una fede
o dall'appartenenza a una religione, un “modello” di leadership che ponga al
centro i valori universali del Vangelo e dunque l’uomo, la sua dignità
integrale, gli ideali di pace, fraternità e solidarietà tra le Nazioni. Dal
2002 Martinez coordina la delegazione italiana.
Come negli anni passati, all’incontro parteciperà anche il Presidente
degli Stati Uniti Donald Trump. Assieme a Trump saranno presenti i principali
rappresentanti dell’Esecutivo e del potere giudiziario e legislativo degli USA
oltre ad esponenti della comunità diplomatica internazionale.
Oltre 140 le delegazioni provenienti da tutto il mondo, che si
ritroveranno per confrontarsi su temi di attualità mondiale, perfezionando
collaborazioni internazionali su progetti di solidarietà, sviluppo integrale e
promozione umana.
«Ci ritroviamo annualmente a
Washington – ha dichiarato il Presidente Martinez – per coltivare una “diplomazia dell’amicizia”, quella “cultura
dell’incontro” caldeggiata da Papa Francesco, per la costruzione di modelli di
leadership condivisi al servizio del bene comune. I grandi drammi del nostro
tempo meritano di essere affrontati intensificando il dialogo e non le chiusure
autoreferenziali e sconfessanti. Nessun popolo può fare a meno degli altri. Le
donne e gli uomini del nostro tempo e di ogni latitudine invocano dignità,
libertà dal male, pace e giustizia sociale. Noi sappiamo che l'umanesimo
integrale e trascendente d’ispirazione cristiana rimane il più imponente agente
di progresso ed è patrimonio di cultura solidale e fraterna a disposizione dei
sistemi di governo. Ecco perché incontri come quelli di Washington possono
regalare importanti inversioni di rotta. L’annuale appuntamento del National
Prayer Breakfast, fuori da schemi autoreferenziali e nazionalistici, alimenta
questa opportunità in modo assai concreto e originale».