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Chiusa la 40a Conferenza Nazionale Animatori RnS 
Martinez: “Senza vita comunitaria non c'è unità, non c'è Chiesa, non c’è missione”

Nel giorno della solennità di Ognissanti, si conclude la 40a Conferenza Nazionale Animatori che ha visto riuniti oltre 5000 animatori e responsabili del RnS dal 29 ottobre all’1 novembre presso il Palacongressi di Rimini sul tema «Un cuor solo, un’anima sola» (cf At 4, 32) – “Dall’effusione dello Spirito Santo alla costruzione di comunità carismatiche”.

Il Presidente Salvatore Martinez ha tenuto la relazione conclusiva della Conferenza.

«Pietro e Cornelio sono protagonisti di una grande conversione (cf At 10, 34.36), quella che lo Spirito sta chiedendo a noi – ha detto Martinez –. Con l’Effusione il Rinnovamento nasce, cresce, matura, si diffonde. Ci chiamiamo “Rinnovamento nello Spirito” perché abbiamo fatto una scelta di fondo: dipendere dallo Spirito, prima che dai carismi. Gesù ci presenta non i carismi, ma lo Spirito, con il suo amore, la sua umiltà, la sua sapienza, la sua potenza. Il kerigma – Gesù morto, risorto e che effonde il suo Spirito – non è una formula, ma uno stile di vita: ci dice qual è la nostra ragione di vita, che cosa vogliamo accada nella storia. Per questo ci diamo da fare, ci apriamo alla conversione permanente, accettiamo la sfida di un Rinnovamento come vita nuova. E lo facciamo attraverso alcuni passaggi fondamentali: spiritualità dell’esperienza, spiritualità della comunione, spiritualità biblica, spiritualità carismatica, spiritualità del servizio. È così che si sente come il kerigma cambia la vita, si comprende il discepolato, si ha il desiderio di camminare insieme ai fratelli, di costruire la comunità, di condividere con loro i carismi, di vivere nell'amicizia e nel rispetto. Siamo comunità ecclesiali, che fanno un cammino comunitario. Senza vita comunitaria non c'è unità, non c'è Chiesa, non c’è missione. Continuiamo a essere oasi di misericordia».

È andato in scena ieri sera nella prima nazionale, presso il Teatro “E. Novelli” di Rimini, il musical Il Figliol prodigo, liberamente ispirato alla parabola evangelica del Figliol prodigo (cf Lc 15, 11-32). Scritto e diretto da Isabella Biffi, in arte Isabeau, il musical è interpretato da tredici detenuti, di età compresa tra 35 e 55 anni, del reparto Alta sicurezza della Casa di reclusione di Opera (MI). Nato per il Giubileo dei carcerati nell’Anno santo della misericordia, il musical è promosso dal Rinnovamento nello Spirito, che lo ha promosso e accolto nell’ambito della 40ª Conferenza nazionale animatori. Al centro del musical, patrocinato dal Comune e dalla Diocesi di Rimini, il tema del perdono espresso attraverso l’arte della musica, del canto, del ballo. Presenti in teatro l’assessore al Comune di Rimini Mattia Morolli e il vescovo mons. Francesco Lambiasi.

Al termine del musical spazio ad alcune testimonianze, tra le quali quelle di quattro detenuti che  hanno partecipato al primo Progetto Sicomoro, cammino di riconciliazione tra vittime dei reati e carnefici attraverso cui Prison Fellowship Italia, progetto promosso dal Rinnovamento nello Spirito, realizza nelle carceri il grande tema della giustizia riparativa.

«“Dio può far sorgere figli dalle pietre” (cf Mt 3, 9) – ha affermato Salvatore Martinez –. Sul palco non abbiamo visto “cuori di pietra” ma “pietre vive”, cuori innamorati della vita, che desiderano vita, che trasmettono vita. Fortemente voluto dal Rinnovamento, il musical ci insegna che misericordia e giustizia si possono incontrare e abbracciare».

«Con il Progetto Sicomoro siamo andati nelle carceri a incontrare l’uomo – ha commentato Marcella Reni, presidente di Prison Fellowship Italia, indicando nel Sicomoro il cammino di riconciliazione tra vittime dei reati e carnefici che realizza nelle carceri il grande tema della giustizia riparativa –. In quei luoghi abbiamo parlato alla loro dignità, che non hanno mai perduto ma che era stato offuscato dal reato».

«Il laboratorio del musical è nato dieci anni fa – ha raccontato il direttore di Opera, Giacinto Siciliano –. Questo è il sesto spettacolo interpretato e vuole essere una testimonianza di come dal dolore possano scattare meccanismi di rinascita. Dietro il volto di un detenuto c’è un uomo che vuole ritrovare la sua umanità».

Profondamente commosso il vescovo di Rimini, mons. Francesco Lambiasi: «Grazie, perché mi avete aiutato a capire meglio che “l’uomo non è il suo errore», ha commentato al termine dello spettacolo.

 

Rimini, 1 novembre 2016

(01.11.2016)