Il primo pomeriggio dell’Assemblea si impreziosisce
delle efficaci parole di mons. Antonio Pitta, docente di Nuovo Testamento alla
Pontificia Università Lateranense e coordinatore degli studiosi di Nuovo
Testamento per l’Associazione biblica italiana. In poco più di mezz’ora, mons.
Pitta riesce, attraverso il vangelo di Luca (l’unico del Nuovo Testamento a
trattare del tema del Giubileo) a schiudere ai presenti il senso più profondo
di questo Giubileo straordinario appena iniziato: l’importanza dell’“oggi” per
realizzare la nostra missione e dare così ragione di essere a questo Anno
santo. E non il contrario: «non è il Giubileo a causare la missione» - ha
affermato mons. Pitta - ma è l’attenzione «verso i poveri e gli oppressi a
generare il Giubileo della grazia e della misericordia».
«Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi
ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato… a proclamare l’anno di grazia del
Signore (cf Lc 4, 18-19). Spirito Santo e misericordia nella missione di Gesù”.
Da questo passo del vangelo di Luca prende così le mosse l’esegesi del
Presbitero che mette in evidenza la profonda correlazione tra lo Spirito e la
missione di Gesù. Sulla dinamica dello Spirito Luca ci dice, innanzitutto, che è
un’azione di “potenza” (su Maria, cf Lc 1, 35), che “discende” (su Gesù, cf Lc
3, 22), “si riceve”, “è” (su Simeone, cf 2, 25), fino all’epilogo in cui lo Spirito
“siede su di voi” (gli apostoli, cf At 1, 8). Dunque, Maria, Gesù, i poveri e
la prima comunità cristiana non possono esistere se non per mezzo dello Spirito
Santo, protagonista assoluto dell’Anno giubilare.
Poi mons. Pitta approfondisce “gli effetti” delle
azioni dello Spirito, le note dominanti del Giubileo che ci consegna Gesù:
missione, universalità, grazia e accoglienza.
“Lo Spirito del Signore è su di me”: Dio ci manda e
dal mandato ha origine la “missione”. In questo primo dono che lo Spirito fa
alla comunità cristiana, va’ fatta una distinzione tra missione e proselitismo,
tra le religioni antecedenti al cristianesimo e il cristianesimo, tra missione
e attrazione; il movimento cristiano non si sviluppa per attrazione ma per
missione, lo Spirito conduce alla missione.
Il secondo dono dato dallo Spirito alla Chiesa è
l’“universalismo”. L’apertura universale della Chiesa, l’ostilità a una
chiusura settaria e l’inizio dunque della missione di Gesù e poi della Chiesa
stessa. L’espressione massima dell’universalismo è la Pentecoste cristiana («li
sentirono parlare nella loro lingua di origine…», cf At 2, 4).
Il terzo effetto dell’azione dello Spirito è la
“grazia”, il dare senza ricevere. «Questa particolare connotazione della grazia
dello Spirito si esprime in una ricchezza ben presente nella vita della Chiesa
che è quella ministeriale da vivere nella fraternità del dono».
Nell’Anno giubilare deve scomparire, dunque, ogni
forma o desiderio di vendetta all’insegna, invece, dell’accoglienza, quarta
nota dominante della dinamica dello Spirito. Ma ogni volta che si verifica la
presenza dello Spirito nella Chiesa, si realizzerà sempre una duplice reazione:
accoglienza o rifiuto di Gesù, obbedienza allo Spirito o chiusura.
Infine, il Docente dell’Università Lateranense
evidenzia l’effetto dei quattro doni dell’azione dello Spirito: “l’oggi”,
“l’attualità” e “l’attuazione” della Chiesa, che si concretizza attraverso
l’evangelizzazione dei poveri, la “liberazione” degli oppressi e il “riflettere”
su quanto la mia vita ha prodotto attraverso l’azione dello Spirito.
Il saluto
di Salvatore Martinez a mons. Pitta
Dopo aver ringraziato don Pitta per la sua profonda
esegesi sulla relazione tra “Spirito Santo, misericordia e missione”, Martinez
ha evidenziato come «l’attualità del Rinnovamento nello Spirito sia proprio
nell’attuazione di questo disegno» che è sempre azione dello Spirito in noi. La
lingua dello Spirito, che è Misericordia, è la lingua materna che siamo
chiamati a usare in questo Anno giubilare.
«Il dinamismo dello Spirito faccia i conti con una
ministerialità carismatica che, se non è missionaria, ci fa stare ancora nel
“tempo” e non nel “tempio”».
Daniela Di Domenico