Donato Sciannameo

Un secolo segnato dallo Spirito

Avremmo fatto un torto ai nostri lettori, se non avessimo riservato un numero speciale al Convegno internazionale svoltosi a Lucca dal 23 settembre al 2 ottobre scorsi: “I segni dello Spirito nel Novecento. Una rilettura storica: il racconto dei testimoni”.

Questo convegno segna inequivocabilmente la nostra storia: sintesi di un cammino ultra trentennale, proiettato profeticamente verso un futuro in cui la cultura della Pentecoste scende in campo, per fecondare e rendere testimonianza dell’azione capillare e indefessa dello Spirito in ogni anfratto, piega, cavità della storia umana.

Come ha sottolineato il coordinatore nazionale, Salvatore Martinez, nella relazione introduttiva al Convegno, «La cultura della Pentecoste è l’antidoto al “male oscuro” del mondo; è una nuova sapienza, un nuovo modo di intrecciare le vicende umane, che non esclude Dio ma lo include, che vede Dio nelle pieghe di un’umanità che incarna i paradossi evangelici delle Beatitudini».

Le giornate di Lucca, intensissime nei ritmi e per lo spessore degli insegnamenti e delle testimonianze, hanno dato voce ai segni, stupefacenti e insospettati, dello Spirito, nel campo ecclesiale, scientifico, tecnologico, storico, filosofico, in un secolo, il Novecento, reputato dalle correnti storiografiche più accreditate, come “buio” e infausto, con gli effetti catastrofici delle due guerre mondiali, l’imperare dei regimi autoritari e totalitari, con gli orrori di Auschwitz e dei gulag staliniani, la devastazione di Hiroshima e Nagasaki… e, come se non bastasse, con la consegna, in eredità, di una pace “fredda” come la guerra che la garantiva.

Eppure, nel novembre del 1989, con il crollo del Muro di Berlino, alle coscienze di una umanità ancora sorda ai richiami profetici del concilio Vaticano II, vieppiù intorpidita dalla logica dei macropoteri, si schiudevano nuovi orizzonti, forieri di svolte epocali.

Prendere parte ai lavori del Convegno è stato come scendere negli ipogei dello Spirito, inoltrandoci là dove il nostro sguardo, di norma intrappolato negli orpelli dell’immediatezza e della superficialità, non può giungere.

Nei “laboratori dello Spirito Santo” è un ribollire di novità, una fucina di grazia pronta a bonificare e irrorare, pazientemente e sottilmente, qualsivoglia terreno paludoso e contesto virulento.

Ciascun partecipante ha avvertito di addentrarsi non solo nel cuore della storia ma nelle “viscere” dell’anima. Fremito “viscerale”: così può definirsi l’effetto che ogni partecipante ha provato nel succedersi degli interventi e nel racconto dei testimoni; nulla di stereotipato, di intellettualistico, di asetticamente erudito.

Ognuno si è ritrovato formato e arricchito, soprattutto nell’acquisizione di una nuova metodologia, di un nuovo modo di leggere e interpretare anche la storia spirituale personale: se siamo inclini a esasperare le difficoltà, ad arrenderci di fronte a prove, delusioni e tribolazioni, lo Spirito ci invita a spingerci oltre, a raggiungerlo nei suoi sotterranei dove, perennemente, si prepara e si rinnova la Pasqua dell’Agnello.

E imprime come un sigillo, in ogni dove, per ogni secolo e per ciascun uomo, i caratteri infuocati e indelebili della Speranza.

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