Due
di loro erano in cammino
Richiamiamo
alla mente il fatto. Due persone camminano insieme; si può
vedere dal modo in cui camminano che non sono felici. Il volto
è triste, i movimenti lenti e non si guardano in faccia.
Ogni tanto pronunciano qualche parola, ma che non è diretta
all'altro. Anche se seguono il sentiero lungo il quale camminano,
sembrano non avere alcuna meta. Ritornano a casa, ma la loro casa
non è più casa. Semplicemente non hanno un altro
luogo dove andare. Avevano lasciato il loro paese, avevano seguito
quel forestiero con i suoi amici e avevano scoperto tutta una
nuova realtà, in cui il perdono, la guarigione e l'amore
non erano più delle mere parole, ma delle forze che toccavano
la vera essenza della loro umanità. L'uomo di Nazareth
aveva reso tutto nuovo. Aveva trasformato la loro vita in una
danza! Ora lui è morto. Il suo corpo che aveva irradiato
luce è stato distrutto sotto le mani dei torturatori. Tutto
era diventato nullità. Essi lo avevano perduto, non soltanto
lui, ma anche loro stessi. L'energia che li aveva pervasi di giorno
e di notte li aveva lasciati completamente, erano diventati due
esseri umani perduti che camminavano verso casa senza avere una
casa.
All'improvviso non ci sono più due, ma tre persone che
camminano. Gesù si accosta e cammina con loro, ma i loro
occhi sono incapaci di riconoscerlo. I due amici non guardano
più in basso la strada davanti a loro, ma negli occhi del
forestiero. Alla sua domanda: «Di che state parlando?»
(cf Lc 24, 17), segue il loro lungo racconto riguardo a ciò
che hanno perduto: qui hanno trovato qualcuno che è disponibile
ad ascoltare le parole di disillusione, di tristezza e di totale
confusione. Niente sembra aver senso, ma è meglio raccontarlo
a lui che è uno sconosciuto, piuttosto che raccontarsi
l'un l'altro i fatti noti.
Gesù comincia a parlare con i due. Lui li aveva ascoltati,
ora sono loro ad ascoltare lui. «Cominciando da Mosè
e da tutti i profeti spiegò loro in tutte le Scritture
ciò che si riferiva a lui» (Lc 24, 27). Il senso
di tutte le Scritture, di tutto l'Antico Testamento, improvvisamente
era lì aperto e chiaro davanti ai loro occhi. Gesù
aveva «aperto loro la mente all'intelligenza delle Scritture»
(Lc 24, 45). Era la prima interpretazione cristologica della Scrittura.
Io non mi stupisco affatto che i due discepoli si sentissero ardere
il cuore in petto nell' ascoltarlo.
Questo il tipo di lettura della Bibbia che Gesù inaugurò
quel giorno con i discepoli di Emmaus. Si chiama "la lettura
spirituale" della Scrittura. Essa ha dunque un precedente
illustre. Guai a rinunciare a essa, in nome di una lettura puramente
storica e scientifica della Scrittura.
Lo
riconobbero allo spezzare il pane
Intanto,
parlando parlando, erano giunti al villaggio. Il forestiero fa
«come se dovesse proseguire» (cf Lc 24, 28). Non fa
"finta" (Gesù non finge mai!); egli deve veramente
proseguire. Deve arrivare «ai confini della terra»
(cf At 1, 8). Si ferma solo quando qualcuno gli dice con tutto
il cuore: «Resta con noi Signore».
«Quando fu a tavola con loro, prese il pane, disse la benedizione,
lo spezzò e lo diede loro» (cf Lc 24, 29). La solennità
dei gesti, l'analogia con ciò che Gesù fece nell'ultima
cena non lasciano dubbi: per l'evangelista si tratta di un gesto
eucaristico. Da qui anzi l'Eucaristia trarrà in seguito
il nome di fractio panis, lo spezzare del pane.
«Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma
lui sparì dalla loro vista» (Lc 24, 31). Non deve
stupire il fatto che, quando Gesù appare dopo la risurrezione,
sulle prime i discepoli non lo riconoscono (cf Lc 24, 16). Egli
non è risorto, per così dire, all'indietro, alla
vita di prima, ma in avanti, verso una vita nuova. La persona
è la stessa, ma lo stato è cambiato: non vive più
"secondo la carne" (Rm 8, 12), ma "secondo lo Spirito"(cf
Gal 5, 13).
Nel caso dei discepoli di Emmaus, Luca ha voluto dirci qualcosa
in più e cioè che il vero Gesù lo si incontra
ormai nel suo Corpo eucaristico. Con le sue "apparizioni"
Gesù prepara la sua "sparizione". Educa i discepoli
a riconoscerlo, con gli occhi della fede, nell'Eucaristia che
è il modo nuovo con cui si farà presente ai suoi
«fino alla fine del mondo» (Mt 28, 20).
«E partirono senz'indugio e fecero ritorno a Gerusalemme,
dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro,
i quali dicevano: "Davvero il Signore è risorto ed
è apparso a Simone". Essi poi riferirono ciò
che era accaduto lungo la via e come l'avevano riconosciuto nello
spezzare il pane» (Lc 24, 33-35).
I due non sono più intimoriti dal fatto che «è
sera» (Lc 24, 29). Di corsa tornano indietro a Gerusalemme.
Ascoltano, raccontano. Sono stati «rigenerati a una speranza
viva dalla risurrezione di Cristo dai morti» (cf l Pt l,
3). Rinasce l'amore per la comunità, il bisogno di ritrovarsi
con i compagni di fede. Il Maestro è risorto e con lui
risorto anche la vita risorge. Testimoniare non è più
un obbligo, è una necessità.
Luca in questa breve storia ci ha spiegato, meglio che con interi
trattati, come è nata la Chiesa... e come, ogni volta,
essa rinascerà.
Parlaci,
Signore!
La
storia dei due discepoli di Emmaus è una parabola per noi;
contiene una parola profetica per il Rinnovamento carismatico
in questo momento della sua storia. Affido allo Spirito Santo
il compito di farvi comprendere direttamente questo significato
attuale per noi, come in un attimo lo ha fatto comprendere a me.
Lo stato d'animo del Rinnovamento carismatico in alcuni luoghi
somiglia a quello dei due discepoli al momento di allontanarsi
da Gerusalemme. C'è un "Cleopa" nascosto in ciascuno
di noi. «Noi speravamo che fosse lui a liberare Israele...»
(Lc 24, 21). Invece ci vediamo noi stessi riassorbiti nell'opacità
del vivere quotidiano. La preghiera che era una gioia, diventa
una fatica, la comunione con i fratelli difficile, difficoltà
e tentazioni che credevamo di aver superato per sempre rispuntano
più forti di prima. L'entusiasmo per l'ecumenismo si affievolisce.
I rapporti con la gerarchia continuano, a livello locale, a essere
talvolta difficili. . .
Non occorre insistere, perché ognuno, credo, potrebbe tracciare
un suo proprio quadro assai più aderente alla realtà
del mio. La tentazione è quella dei discepoli di Emmaus:
far ritorno a casa, al proprio villaggio, alle amicizie e agli
interessi di un tempo, al modo di vivere la propria fede di un
tempo. Gesù ci vuole guarire, rimettere in piedi la speranza,
l'entusiasmo, esattamente come fece con i due discepoli. Vuole
che condividiamo fino in fondo la loro storia, non solo nella
prima parte. Che torniamo a casa da questo incontro mondiale come
essi tornarono a Gerusalemme pieni di gioia (cf Lc 24, 33). Il
cammino che dobbiamo fare a questo scopo è lo stesso che
Gesù fece fare ai due discepoli e passa attraverso la riscoperta
della parola di Dio e dell'Eucaristia.
Cominciamo dalla Parola. Noi abbiamo sperimentato il potere della
parola di Dio. Esso non è per noi oggetto solo di astratta
fede. Parole che hanno segnato una svolta. Dobbiamo ritrovare
il gusto, la passione per la parola di Dio. La Parola ti innalza
e ti fa vedere che la tua vita quotidiana e ordinaria è
qualcosa di sacro. Senza la parola di Dio, la nostra vita ha poco
senso, poca vitalità, poca energia. Senza la Parola, sei
persona di poco conto, che vive una vita di poco conto e muore
una morte di poco conto.
Gesù si rattristava del fatto che gli chiedessero continuamente
segni, mai si rattristava quando gli chiedevano di parlare. Anche
noi chiediamo a Dio parole, più che segni.
L'
Eucaristia
Il
mezzo per eccellenza usato da Gesù per riaccendere la fede
dei discepoli di Emmaus - a cui la stessa spiegazione delle Scritture
doveva servire - fu sedersi a tavola e spezzare il pane con loro,
in altre parole l'Eucaristia. Così è anche oggi.
Molti fratelli del Rinnovamento sentono il bisogno di rinnovare
il loro battesimo nello Spirito e chiedono di farlo in diverse
circostanze. Io credo che il modo migliore per rinnovare periodicamente
il battesimo nello Spirito è di accostarci, con questa
intenzione, all'Eucaristia. Il battesimo si riceve nella Chiesa
una sola volta, l'Eucaristia invece "ogni volta" che
vogliamo. La forza della comunione eucaristica risiede proprio
qui; in essa noi diventiamo un solo spirito con Gesù e
questo "solo spirito" è lo Spirito Santo! Nel
sacramento si riflette quello che avvenne nella storia. Nella
comunione Gesù viene a noi come colui che dona lo Spirito.
Intorno alla mensa eucaristica si realizza la "sobria ebbrezza
dello Spirito". Una santa ebbrezza è questa che opera
la sobrietà del cuore.
Di qui la celebre esclamazione dello stesso sant'Ambrogio, in
un suo inno che ancora oggi si recita nella Liturgia delle ore:
«Beviamo con gioia l'abbondanza sobria dello Spirito!»
(Laeti bibamus sobriam protusionem Spiritus).
Quelli che ebbero la fortuna di essere in San Pietro il giorno
di Pentecoste del 1975 nel primo incontro tra il Rinnovamento
carismatico cattolico e il successore di Pietro ricorderanno le
parole che Paolo VI pronunciò al termine del discorso scritto:
«Nell'inno che leggiamo questa mattina nel breviario e che
risale a sant'Ambrogio, nel IV secolo, c'è questa frase
difficile a tradursi anche se molto semplice: Laeti, che significa
con gioia; bibamus, che significa beviamo; sobriam, che significa
ben definita e moderata; profusionem Spiritus, cioè l'abbondanza
dello Spirito. Laeti bibamus sobriam profusionem Spiritus. Potrebbe
essere il motto impresso sul vostro movimento: un programma e
un riconoscimento del movimento stesso». Fu il primo "riconoscimento
ecclesiastico" del Rinnovamento carismatico cattolico.
Tradirei, a questo punto, l'amicizia che ho coi fratelli di altre
Chiese cristiane, se non manifestassi loro un pensiero che ho
nel cuore. Noi abbiamo ricevuto molto da voi: la stima e l'amore
per la parola di Dio, l'apertura ai carismi... Questo ci dà
il coraggio di dirvi che c'è anche qualcosa di nostro,
di cattolico, che vorremmo condividere con voi, offrirvi come
il nostro dono: è l'amore per l'Eucaristia. Non è
detto che tutte le Chiese debbano esprimere la loro fede nella
presenza eucaristica di Gesù allo stesso modo che facciamo
noi. Bisogna però dire che alcuneChiese cristiane devono
certamente fare uno spazio maggiore all'Eucaristia nella loro
teologia e nella loro prassi. L'unità pienadei cristiani
non potrà che essere un'unità eucaristica: «Poiché
c'è un solo pane, noi, pur essendo molti, siamo un corpo
solo: tutti infatti partecipiamo dell'unico pane» (1 Cor
10, 17).
Affrettiamo il giorno in cui, seduti a una stessa mensa, potremo,
insieme, riconoscere il Signore allo spezzare del pane.
Il Rinnovamento carismatico è nato con una forte spinta
a ritornare all'essenziale della vita cristiana: lo Spirito Santo,
la signoria di Cristo, la parola di Dio, i sacramenti, i carismi,
la preghiera, I' evangelizzazione. In questo risiedeva il segreto
della sua forza dirompente.
Back to the basic, come dicono i nostri fratelli di lingua inglese:
torniamo all'essenziale! Perché sento il bisogno di ricordare
tutto questo? Il concilio Vaticano II ha iniziato una grande opera
di ripulitura e di snellimento della fede cattolica.
Concentrarsi sull'essenziale non significa togliere ai fedeli
ogni spazio di libertà, ogni preferenza, appiattire tutto.
C'è spazio per coltivare anche una propria devozione particolare,
ma questo deve rimanere nell'ambito personale, non si deve confondere
ciò che è richiesto a tutti con ciò che è
lasciato alla scelta di ognuno.
Fecero
ritorno a Gerusalemme
La
storia dei discepoli di Emmaus è un piccolo capolavoro
anche dal punto di vista letterario e poetico. Due cammini che
terminano entrambi in un cenacolo, due scene di esterni seguite
da due di interni, movimento e quiete in alternanza perfetta.
Si apre con i due discepoli che si allontanano a testa china da
Gerusalemme (cf Lc 24, 13), si chiude con gli stessi che di corsa
e pieni di gioia tornano a Gerusalemme gridando a tutti di avere
incontrato il Signore e averlo riconosciuto allo spezzare il pane.
L'epilogo della vicenda dei discepoli di Emmaus è anch'esso
una profezia per il Rinnovamento carismatico. È un invito,
per quelli che stavano disamorandosi dei fratelli, dell'opera
dello Spirito, per i delusi e gli sfiduciati, a invertire il cammino.
A tornare con rinnovato slancio a servire Dio nella Chiesa, a
ricongiungersi ai fratelli con i quali hanno fatto un tratto di
strada insieme, a ricostituire, là dove è possibile,
comunità, collaborazioni e amicizie interrotte.
Nonostante l'impressione diffusa di un calo di entusiasmo, una
cosa, per nostra fortuna, continua a essere ora come nei primi
tempi del Rinnovamento carismatico ed è la potenza dello
Spirito Santo. «Non si è accorciato il braccio del
Signore!» (cf Nm 11, 23). Ogni volta che gli permettiamo
di agire, che creiamo occasioni per la sua venuta, che con fede
piena di attesa (expectant faith) riuniamo gente nel cenacolo,
egli scende, ora in maniera visibile e drammatica, ora in modo
più nascosto e progressivo. Segni visibili di questo passaggio
dello Spirito sono in genere la rinascita del coraggio, della
speranza e della gioia. La gioia infatti è uno dei segni
o dei frutti dello Spirito. Cerchiamo di coltivare questi segni.
Che lo Spirito Santo ci aiuti a portare intatta con noi, nel millennio
appena iniziato, la fiamma della Pentecoste in modo che possa
ancora trasformare la vita di tanti uomini e donne del nostro
tempo.
Gridiamo anche noi come i discepoli di Emmaus; gridiamolo tra
noi per poi gridarlo al mondo: «Il Signore è veramente
risorto! L'abbiamo riconosciuto nello spezzare il pane!».