rivista di maggio-giugno 2000


 

 

Un solo Spirito: unità e riconciliazione


(Jacques Philippe)
 

Fratelli e sorelle, stiamo per vivere un momento molto forte, una grazia eccezionale: è l'anno del Giubileo e c'è questo Raduno del movimento carismatico. Noi tutti abbiamo sete dell'amore di Dio, preghiamo insieme con la fiducia che abbiamo nella parola di Gesù: «Chiedete e vi sarà dato... bussate e vi sarà aperto» (Mt 7, 7).
Domani, a Roma, il Papa procederà alla canonizzazione di suor Faustina Kowalska, una suora molto semplice e umile. Era una conversa, d'origine contadina, che ha vissuto una grande intimità con Gesù. È morta nel 1938, a 33 anni.

Gesù ha voluto, a quest'anima così semplice, affidare un tesoro. Un tesoro che anche a noi oggi verrà affidato, per la nostra consolazione, ma anche un tesoro per i fratelli e le sorelle con i quali viviamo. Questo tesoro è una percezione molto più profonda e più viva dell'amore misericordioso del Signore.
Gesù ha chiesto a suor Faustina di rappresentare in un'icona questa misericordia che si effonde su di noi, sulla Chiesa e sul mondo, attraverso due raggi, uno bianco e uno rosso, che rappresentano l'acqua e il sangue scaturiti dal cuore di Gesù. L'acqua purifica il cuore, il sangue dona vita e amore. Gesù ha chiesto a suor Faustina di parlare del suo desiderio che la domenica dopo Pasqua possa diventare una festa, una celebrazione della misericordia di Dio.
Se noi apriamo il nostro cuore il Signore ci benedirà in un modo forte, profondo e potente. «Beato colui che vivrà all'ombra di questi due raggi, colui che vivrà all'ombra dell'amore misericordioso di Gesù». Oggi noi vogliamo metterci alla presenza, all'ombra di questo amore misericordioso.

La misericordia è più grande del peccato

Ricordiamo oggi anche la festa di santa Caterina da Siena. Gesù ha detto a lei che il suo più grande attributo è la misericordia: «Voglio fare misericordia al mondo». I peccati che si possono commettere sono tanti, ma l'amore di Dio, la sua misericordia, il suo perdono sono molto più grandi. «Dove ha abbondato il peccato, sovrabbonda la grazia» (cf Rm 5, 20), dice san Paolo. Questa grazia è presente in mezzo a noi, perché siamo Chiesa, popolo di Dio, e perché il Signore desidera la nostra salvezza, la nostra profonda guarigione interiore. Che noi possiamo, secondo la sua promessa, ricevere un cuore nuovo, uno spirito nuovo!
Una delle parole più belle dell'Antico Testamento è la profezia di Ezechiele nella quale il Signore dice: «Io prenderò il vostro cuore di pietra e vi darò un cuore di carne, vi darò un cuore nuovo» (cf 36, 26). Fratelli e sorelle, volete un cuore nuovo? Desiderate un cambiamento con tutto il cuore? Credete che Gesù lo possa fare?
Il Signore ci benedice secondo la nostra fede. Dio non ci tratta secondo i nostri meriti ma secondo la nostra fiducia nella sua potenza, nella sua misericordia. Se noi chiediamo con fiducia, con umiltà, di trasformare i nostri cuori, il Signore lo farà, così da poter tornare a casa con un cuore abitato dallo spirito del Vangelo: «Ti sia fatto secondo la tua fede, avvenga secondo la tua fiducia, la tua attesa della grazia divina» (cf Mt 8, 13).
Che cosa dobbiamo chiedere al Signore? La trasformazione del nostro cuore. Un aspetto dell'opera dello Spirito Santo è che ci fa entrare in uno stile di vita evangelico. Con il battesimo, insieme ai doni spirituali, abbiamo ricevuto la grazia di diventare vangeli vivi. Il Vangelo non può rimanere soltanto lettera scritta, perché è Spirito, è vita, è potenza di Dio.
C'è urgenza di testimonianza e di annuncio del Vangelo, soltanto il suo messaggio può dare un senso luminoso alla vita dell'uomo. Se il nostro cuore non viene trasformato dall'amore, la nostra testimonianza rimane vuota. Non dobbiamo dimenticare di evangelizzare attraverso ciò che siamo.
Che cosa significa vivere lo spirito del Vangelo? Tocchiamo solo due aspetti: il rapporto con Dio, il rapporto con i fratelli.

Il rapporto con Dio

Il rapporto con Dio si sintetizza nell'infanzia spirituale: «Se non vi convertirete per diventare come bambini, non entrerete nel regno dei cieli» (cf Mt 18, 3). Uno dei grandi doni che il RnS ha recuperato è una certa semplicità spirituale: attraverso il canto in lingue ci si ritrova un cuore da bambino davanti al Signore. Vivere secondo lo spirito evangelico significa semplicità. Spesso siamo troppo complicati nel rapporto con il Signore, parliamo e penslamo troppo. Dio si aspetta un rapporto molto più semplice con lui, più naturale, da bambini che non cercano grandi discorsi. «Quando pregate non moltiplicate le parole, chiudete la porta della vostra stanza e parlate con il Padre» (cf Mt 6, 6). Ecco un cuore che parla con Dio: «Sei tu mio padre, confido in te, ti amo». Da questa semplicità possiamo salire gli scalini della vita mistica. L'ha capito santa Teresa di Gesù Bambino: se siamo come bambini, Dio verrà a prenderci nelle sue braccia e ci farà salire dove noi non possiamo arrivare con le nostre forze. Dio è l'ascensore di Teresa.
Umiltà
significa accettare con serenità la propria debolezza, la propria fragilità. Se è bello tendere alla perfezione - «Siate perfetti come il vostro Padre è perfetto» (cf Mt 5, 48) -, spesso abbiamo un modo di farlo che non è evangelico. Vorremmo, infatti, essere bravi, forti, grandi, avere tutti i doni, tutti i carismi, non sbagliare mai. Ciò significa non avere più bisogno di Dio, di perdono, di misericordia.
Ma che cosa è la perfezione? La vera maturità evangelica è rendersi conto che siamo piccoli, siamo niente. Ciò che spesso impedisce il nostro progresso spirituale è non accettare questa realtà. Gesù ha detto: «Beati i poveri, perché di essi è il regno dei cieli» (cf Mt 5, 3). Dobbiamo chiedere al Signore la grazia di acconsentire alla nostra fragilità, alla nostra piccolezza. Dobbiamo dire: «Signore, ti supplico di non permettere che io ti offenda mai, preferisco morire piuttosto che offenderti in modo grave». Quando cadiamo, non ci dobbiamo rattristare o angosciare. Dobbiamo semplicemente dire al Signore: «Ho sbagliato! Sono caduto! Metto la mia speranza in te, non nelle mie opere, ma nella tua misericordia». Gesù si rivolse a suor Faustina dicendo che lo scoraggiamento e l'inquietudine impediscono la crescita nella santità.
Dobbiamo, a poco a poco, imparare a contare soltanto sulla misericordia di Dio, con totale fiducia. Vedersi poveri e miseri è una grande grazia: da qui nasce la vera umiltà, impariamo a non giudicare gli altri, a essere misericordiosi verso il prossimo. Il Signore ha detto: «Dio rifiuta la sua grazia ai superbi, ma la dà agli umili» (cf 1 Pt 5, 5). Umiltà significa riconoscere che tutto è donato gratuitamente da Dio e accettare la propria fragilità, i propri limiti. Questo non è facile, perché siamo orgogliosi, abbiamo sempre la tentazione di salvarci con le nostre forze.

Che cos'è la maturità cristiana?

Il cristiano maturo è colui che ha sperimentato i propri limiti, la propria povertà, ma che ha anche sperimentato in modo così forte la misericordia divina da vivere la sua piccolezza come condizione privilegiata nel suo rapporto con Dio. Dice Paolo: «Io mi glorifico della mia debolezza» (cf 2 Cor 11, 30); e il Signore ci dice: «Non temere la tua piccolezza, non temere la tua fragilità, non temere quando cadi. Rialzati con fede, buttati nelle braccia del Padre. Lì sarai perdonato, lì sarai amato». Questo è il messaggio di santa Teresa di Gesù Bambino: puoi ricevere la salvezza soltanto gratuitamente dalla misericordia e dall'amore divino.
Il Signore ci chiede di essere perfetti a poco a poco. Qual è la via? La fiducia. Dov'è l'amore che sa dimenticare se stesso? Dov'è la purezza? La pace? La verità? La generosità? Non in noi, ma tutto viene dalla grazia di Gesù. Il più grande peccato che noi commettiamo è la nostra sfiducia nel Signore.
Fratelli, è questo che il Signore aspetta da voi. Dovete tendere alla perfezione, dovete essere generosi. Sarete messi a confronto con i vostri limiti, avrete cadute, avrete difficoltà, e nei momenti più difficili vivremo la stessa sofferenza profonda di Paolo: «Non faccio il bene che vorrei fare e faccio il male che non vorrei fare» (cf Rm 7, 19).
Sono venticinque anni che cammino nel Rinnovamento e ancora ho momenti di egoismo, di ira, di cadute stupide, ma devo accettare la mia fragilità e confidare totalmente nella misericordia del Signore. Così saremo salvati, così il cuore di Gesù diventerà il nostro cuore e noi potremo diventare miti, umili come Gesù. L' amore potrà fiorire nella nostra vita e con l'amore la gioia e la speranza.
Questa fiducia, che si esprime in speranza, è la virtù principale del cristiano. «Come è dolce chiamare Dio "nostro Padre", egli è soltanto amore e bontà. È la fiducia che ci deve condurre all'amore». Con queste parole di santa Teresa supplichiamo lo Spirito Santo di mettere in noi questa profonda, incrollabile fiducia nella bontà di Dio Padre.

Il rapporto con i fratelli

Tutti abbiamo bisogno di una profonda purificazione della memoria. Il gesto di amore compiuto dal Papa a nome della Chiesa verso il popolo ebraico a Gerusalemme, con una piccola preghiera scritta su un biglietto che ha messo nel Muro del pianto, è un gesto autentico di carità verso i fratelli. Soltanto l'amore è fecondo, soltanto la carità edifica. Chiediamo, allora, perdono al Signore per la nostra durezza di cuore verso i fratelli, per tanti giudizi dati, perché vogliamo sempre che siano gli altri a cambiare... Io credo che se lo Spirito Santo cambierà il nostro cuore saremo uomini di misericordia verso i fratelli, avremo il cuore stesso di Dio verso di loro. La carità non è fatta di parole, ma di gesti semplici e concreti.
Vi chiedo due impegni concreti:
Maggior fiIducia verso il Signore: affidate al Signore un timore, una paura, una disperazione, uno scoraggiamento. Fate un atto di fede: «Signore confido in Te, sono povero ma confido totalmente in te». Lo Spirito Santo v'ispirerà un gesto concreto di fiducia per affidare al Signore la situazione che vi scoraggia, che vi inquieta.
Carità: con la carità crollano le mura. Dobbiamo chiedere perdono al Signore e ai fratelli e ci sarà un'incredibile effusione di Spirito Santo. Il Santo Padre ha capito che se la Chiesa, e i cristiani riconoscono il loro peccato, soprattutto nell'ambito della carità, ci sarà una formidabile effusione di grazia di Spirito Santo.
Fratelli, noi dobbiamo entrare nel terzo millennio con un'unica arma, quella della carità. Con l'amore vero, concreto, faremo crollare tutte le barriere, tutti i muri che impediscono all'umanità di accogliere la tenerezza e l'amore divino. Quando Paolo parla della carità ne evidenzia l'importanza: «Le lingue passeranno, i carismi passeranno, la carità non passerà mai» (cf 1 Cor 13, 8).
Signore, ho avuto un cuore di pietra verso i fratelli. È brutto perché ero chiamato ad amare, ero chiamato a perdonare, a esercltare pazienza, mlsericordia, ero chiamato a essere come te, mite e umile di cuore, ed ecco che mi sono insuperbito, ho giudicato, ho condannato, ho disprezzato i miei fratelli, sono stato duro con loro. Gesù, ti supplico di cambiare il mio cuore, dammi veramente un cuore di carne, un cuore mite come il tuo.
San Paolo nella prima lettera ai Corinzi descrive la carità attraverso atteggiamenti molto concreti: «La carità è paziente. La carità è benigna. Non è invidiosa la carità...», e noi invidiamo i doni, i carismi dei fratelli e delle sorelle. «Non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto...»: è così delicata la carità.
«... Non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell'ingiustizia, ma si compiace della verità. La carità tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta» (cf 13, 4-7).
Chiediamo a Gesù che attraverso questa penitenziale la sua carità possa veramente prendere possesso dei nostri cuori. Che la carità di Gesù possa entrare nel nostro cuore e che ne possa scaturire un'immensa felicità e gioia. Amen.