Gesù
ha voluto, a quest'anima così semplice, affidare un tesoro.
Un tesoro che anche a noi oggi verrà affidato, per la nostra
consolazione, ma anche un tesoro per i fratelli e le sorelle con
i quali viviamo. Questo tesoro è una percezione molto più
profonda e più viva dell'amore misericordioso del Signore.
Gesù ha chiesto a suor Faustina di rappresentare in un'icona
questa misericordia che si effonde su di noi, sulla Chiesa e sul
mondo, attraverso due raggi, uno bianco e uno rosso, che rappresentano
l'acqua e il sangue scaturiti dal cuore di Gesù. L'acqua
purifica il cuore, il sangue dona vita e amore. Gesù ha
chiesto a suor Faustina di parlare del suo desiderio che la domenica
dopo Pasqua possa diventare una festa, una celebrazione della
misericordia di Dio.
Se noi apriamo il nostro cuore il Signore ci benedirà in
un modo forte, profondo e potente. «Beato colui che vivrà
all'ombra di questi due raggi, colui che vivrà all'ombra
dell'amore misericordioso di Gesù». Oggi noi vogliamo
metterci alla presenza, all'ombra di questo amore misericordioso.
La
misericordia è più grande del peccato
Ricordiamo
oggi anche la festa di santa Caterina da Siena. Gesù ha detto
a lei che il suo più grande attributo è la misericordia: «Voglio
fare misericordia al mondo». I peccati che si possono commettere
sono tanti, ma l'amore di Dio, la sua misericordia, il suo perdono
sono molto più grandi. «Dove ha abbondato il peccato, sovrabbonda
la grazia» (cf Rm 5, 20), dice san Paolo. Questa grazia è presente
in mezzo a noi, perché siamo Chiesa, popolo di Dio, e perché il
Signore desidera la nostra salvezza, la nostra profonda guarigione
interiore. Che noi possiamo, secondo la sua promessa, ricevere
un cuore nuovo, uno spirito nuovo!
Una delle parole più belle dell'Antico Testamento è la profezia
di Ezechiele nella quale il Signore dice: «Io prenderò il vostro
cuore di pietra e vi darò un cuore di carne, vi darò un cuore
nuovo» (cf 36, 26). Fratelli e sorelle, volete un cuore nuovo?
Desiderate un cambiamento con tutto il cuore? Credete che Gesù
lo possa fare?
Il Signore ci benedice secondo la nostra fede. Dio non ci tratta
secondo i nostri meriti ma secondo la nostra fiducia nella sua
potenza, nella sua misericordia. Se noi chiediamo con fiducia,
con umiltà, di trasformare i nostri cuori, il Signore lo farà,
così da poter tornare a casa con un cuore abitato dallo spirito
del Vangelo: «Ti sia fatto secondo la tua fede, avvenga secondo
la tua fiducia, la tua attesa della grazia divina» (cf Mt 8, 13).
Che cosa dobbiamo chiedere al Signore? La trasformazione del nostro
cuore. Un aspetto dell'opera dello Spirito Santo è che ci fa entrare
in uno stile di vita evangelico. Con il battesimo, insieme ai
doni spirituali, abbiamo ricevuto la grazia di diventare vangeli
vivi. Il Vangelo non può rimanere soltanto lettera scritta, perché
è Spirito, è vita, è potenza di Dio.
C'è urgenza di testimonianza e di annuncio del Vangelo, soltanto
il suo messaggio può dare un senso luminoso alla vita dell'uomo.
Se il nostro cuore non viene trasformato dall'amore, la nostra
testimonianza rimane vuota. Non dobbiamo dimenticare di evangelizzare
attraverso ciò che siamo.
Che cosa significa vivere lo spirito del Vangelo? Tocchiamo solo
due aspetti: il rapporto con Dio, il rapporto con i fratelli.
Il
rapporto con Dio
Il
rapporto con Dio si sintetizza nell'infanzia spirituale: «Se non
vi convertirete per diventare come bambini, non entrerete nel
regno dei cieli» (cf Mt 18, 3). Uno dei grandi doni che il RnS
ha recuperato è una certa semplicità spirituale: attraverso il
canto in lingue ci si ritrova un cuore da bambino davanti al Signore.
Vivere secondo lo spirito evangelico significa semplicità.
Spesso siamo troppo complicati nel rapporto con il Signore, parliamo
e penslamo troppo. Dio si aspetta un rapporto molto più semplice
con lui, più naturale, da bambini che non cercano grandi discorsi.
«Quando pregate non moltiplicate le parole, chiudete la porta
della vostra stanza e parlate con il Padre» (cf Mt 6, 6). Ecco
un cuore che parla con Dio: «Sei tu mio padre, confido in te,
ti amo». Da questa semplicità possiamo salire gli scalini della
vita mistica. L'ha capito santa Teresa di Gesù Bambino: se siamo
come bambini, Dio verrà a prenderci nelle sue braccia e ci farà
salire dove noi non possiamo arrivare con le nostre forze. Dio
è l'ascensore di Teresa.
Umiltà significa accettare con serenità la propria debolezza,
la propria fragilità. Se è bello tendere alla perfezione - «Siate
perfetti come il vostro Padre è perfetto» (cf Mt 5, 48) -, spesso
abbiamo un modo di farlo che non è evangelico. Vorremmo, infatti,
essere bravi, forti, grandi, avere tutti i doni, tutti i carismi,
non sbagliare mai. Ciò significa non avere più bisogno di Dio,
di perdono, di misericordia.
Ma che cosa è la perfezione? La vera maturità evangelica è rendersi
conto che siamo piccoli, siamo niente. Ciò che spesso impedisce
il nostro progresso spirituale è non accettare questa realtà.
Gesù ha detto: «Beati i poveri, perché di essi è il regno dei
cieli» (cf Mt 5, 3). Dobbiamo chiedere al Signore la grazia di
acconsentire alla nostra fragilità, alla nostra piccolezza. Dobbiamo
dire: «Signore, ti supplico di non permettere che io ti offenda
mai, preferisco morire piuttosto che offenderti in modo grave».
Quando cadiamo, non ci dobbiamo rattristare o angosciare. Dobbiamo
semplicemente dire al Signore: «Ho sbagliato! Sono caduto! Metto
la mia speranza in te, non nelle mie opere, ma nella tua misericordia».
Gesù si rivolse a suor Faustina dicendo che lo scoraggiamento
e l'inquietudine impediscono la crescita nella santità.
Dobbiamo, a poco a poco, imparare a contare soltanto sulla misericordia
di Dio, con totale fiducia. Vedersi poveri e miseri è una grande
grazia: da qui nasce la vera umiltà, impariamo a non giudicare
gli altri, a essere misericordiosi verso il prossimo. Il Signore
ha detto: «Dio rifiuta la sua grazia ai superbi, ma la dà agli
umili» (cf 1 Pt 5, 5). Umiltà significa riconoscere che tutto
è donato gratuitamente da Dio e accettare la propria fragilità,
i propri limiti. Questo non è facile, perché siamo orgogliosi,
abbiamo sempre la tentazione di salvarci con le nostre forze.
Che
cos'è la maturità cristiana?
Il
cristiano maturo è colui che ha sperimentato i propri limiti,
la propria povertà, ma che ha anche sperimentato in modo così
forte la misericordia divina da vivere la sua piccolezza come
condizione privilegiata nel suo rapporto con Dio. Dice Paolo:
«Io mi glorifico della mia debolezza» (cf 2 Cor 11, 30); e il
Signore ci dice: «Non temere la tua piccolezza, non temere la
tua fragilità, non temere quando cadi. Rialzati con fede, buttati
nelle braccia del Padre. Lì sarai perdonato, lì sarai amato».
Questo è il messaggio di santa Teresa di Gesù Bambino: puoi ricevere
la salvezza soltanto gratuitamente dalla misericordia e dall'amore
divino.
Il Signore ci chiede di essere perfetti a poco a poco. Qual è
la via? La fiducia. Dov'è l'amore che sa dimenticare se stesso?
Dov'è la purezza? La pace? La verità? La generosità? Non in noi,
ma tutto viene dalla grazia di Gesù. Il più grande peccato che
noi commettiamo è la nostra sfiducia nel Signore.
Fratelli, è questo che il Signore aspetta da voi. Dovete tendere
alla perfezione, dovete essere generosi. Sarete messi a confronto
con i vostri limiti, avrete cadute, avrete difficoltà, e nei momenti
più difficili vivremo la stessa sofferenza profonda di Paolo:
«Non faccio il bene che vorrei fare e faccio il male che non vorrei
fare» (cf Rm 7, 19).
Sono venticinque anni che cammino nel Rinnovamento e ancora ho
momenti di egoismo, di ira, di cadute stupide, ma devo accettare
la mia fragilità e confidare totalmente nella misericordia del
Signore. Così saremo salvati, così il cuore di Gesù diventerà
il nostro cuore e noi potremo diventare miti, umili come Gesù.
L' amore potrà fiorire nella nostra vita e con l'amore la gioia
e la speranza.
Questa fiducia, che si esprime in speranza, è la virtù principale
del cristiano. «Come è dolce chiamare Dio "nostro Padre", egli
è soltanto amore e bontà. È la fiducia che ci deve condurre all'amore».
Con queste parole di santa Teresa supplichiamo lo Spirito Santo
di mettere in noi questa profonda, incrollabile fiducia nella
bontà di Dio Padre.
Il
rapporto con i fratelli
Tutti
abbiamo bisogno di una profonda purificazione della memoria. Il
gesto di amore compiuto dal Papa a nome della Chiesa verso il
popolo ebraico a Gerusalemme, con una piccola preghiera scritta
su un biglietto che ha messo nel Muro del pianto, è un gesto autentico
di carità verso i fratelli. Soltanto l'amore è fecondo, soltanto
la carità edifica. Chiediamo, allora, perdono al Signore per la
nostra durezza di cuore verso i fratelli, per tanti giudizi dati,
perché vogliamo sempre che siano gli altri a cambiare... Io credo
che se lo Spirito Santo cambierà il nostro cuore saremo uomini
di misericordia verso i fratelli, avremo il cuore stesso di Dio
verso di loro. La carità non è fatta di parole, ma di gesti semplici
e concreti.
Vi chiedo due impegni concreti:
Maggior
fiIducia verso il Signore: affidate al Signore un timore,
una paura, una disperazione, uno scoraggiamento. Fate un atto
di fede: «Signore confido in Te, sono povero ma confido
totalmente in te». Lo Spirito Santo v'ispirerà un
gesto concreto di fiducia per affidare al Signore la situazione
che vi scoraggia, che vi inquieta.
Carità: con la
carità crollano le mura. Dobbiamo chiedere perdono al Signore
e ai fratelli e ci sarà un'incredibile effusione di Spirito
Santo. Il Santo Padre ha capito che se la Chiesa, e i cristiani
riconoscono il loro peccato, soprattutto nell'ambito della carità,
ci sarà una formidabile effusione di grazia di Spirito
Santo.
Fratelli, noi dobbiamo entrare nel terzo millennio con un'unica
arma, quella della carità. Con l'amore vero, concreto, faremo
crollare tutte le barriere, tutti i muri che impediscono all'umanità
di accogliere la tenerezza e l'amore divino. Quando Paolo parla
della carità ne evidenzia l'importanza: «Le lingue passeranno,
i carismi passeranno, la carità non passerà mai» (cf 1 Cor 13,
8).
Signore, ho avuto un cuore di pietra verso i fratelli. È brutto
perché ero chiamato ad amare, ero chiamato a perdonare, a esercltare
pazienza, mlsericordia, ero chiamato a essere come te, mite e
umile di cuore, ed ecco che mi sono insuperbito, ho giudicato,
ho condannato, ho disprezzato i miei fratelli, sono stato duro
con loro. Gesù, ti supplico di cambiare il mio cuore, dammi veramente
un cuore di carne, un cuore mite come il tuo.
San Paolo nella prima lettera ai Corinzi descrive la carità attraverso
atteggiamenti molto concreti: «La carità è paziente. La carità
è benigna. Non è invidiosa la carità...», e noi invidiamo i doni,
i carismi dei fratelli e delle sorelle. «Non si vanta, non si
gonfia, non manca di rispetto...»: è così delicata la carità.
«... Non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto
del male ricevuto, non gode dell'ingiustizia, ma si compiace della
verità. La carità tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto
sopporta» (cf 13, 4-7).
Chiediamo a Gesù che attraverso questa penitenziale la sua carità
possa veramente prendere possesso dei nostri cuori. Che la carità
di Gesù possa entrare nel nostro cuore e che ne possa scaturire
un'immensa felicità e gioia. Amen.