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Il crocifisso rimane sui muri delle scuole 

E' la vittoria del diritto sulla legge, del vero amore per la promozione dell'uomo sul tentativo di eliminare Dio dall'orizzonte della storia a colpi di legalismo ideologico. Questa astensione della Corte è implicito riconoscimento del valore religioso della vita umana. I veri credenti in Dio, a qualunque confessione religiosa si riconducano, trovino forza in questo pronunciamento che si pone in controtendenza con la desacralizzazione delle nostre società contemporanee. Per noi cristiani è l'occasione per riaffermare il valore prototipico di un umanesimo fondato sul potere dell'amore e dell'amore portato all'estrema credibilità della sofferenza”.

Con queste parole il presidente nazionale del Rinnovamento nello Spirito Santo, Salvatore Martinez, ha commentato la sentenza della Corte europea di Strasburgo sulla presenza del crocifisso nelle aule delle scuole pubbliche italiane.

La Grande Camera della Corte europea con il pronunciamento del 18 marzo, infatti, ha respinto la richiesta di rimuovere i crocifissi dalle scuole ed ha ribadito con una sentenza definitiva che la sua presenza non è contraria ai diritti fondamentali. 

La vicenda era iniziata nel 2006 quando una cittadina italiana di origini finlandesi, Soile Lautsi, aveva contesto la presenza del crocifisso nella scuola dei figli. A novembre del 2009, la Corte di Strasburgo le aveva dato ragione con una sentenza che fece scalpore e che suscitò tante proteste.

In quell’occasione il Governo italiano presentò ricorso poiché riteneva che quella decisione era dannosa alla libertà religiosa individuale e collettiva come riconosciuta dallo Stato italiano e chiese appunto il rinvio alla Corte europea di Strasburgo.

Dopo aver esaminato a lungo il ricorso la Grande Camera, con una maggioranza di quindici giudici a favore e due contrari, ha votato la sentenza favorevole alla presenza del crocifisso con questa motivazione: “Se è vero che il crocifisso è prima di tutto un simbolo religioso, non sussistono tuttavia nella fattispecie elementi attestanti l’eventuale influenza che l’esposizione del simbolo di questa natura sulle mura delle aule scolastiche potrebbe avere sugli alunni”.

In particolare, la Corte europea ha evidenziato che non è compito di Strasburgo “prendere posizione in un dibattito fra le giurisdizioni interne”. La Corte ritiene di dover rispettare le scelte degli Stati e che da parte dell’Italia non c’è volontà d’indottrinamento. Infatti, la presenza del crocifisso “non è associata a un insegnamento obbligatorio del cristianesimo: secondo il governo, lo spazio scolastico italiano è aperto ad altre religioni e niente indica che le autorità siano intolleranti verso gli allievi di altre religioni, non credenti o con convinzioni filosofiche che non si riferiscono a una religione".

In questa battaglia l’Italia è stata in prima linea ma non è stata sola. Più di venti sono i paesi che si sono schierati dalla sua parte: Armenia, Bulgaria, Cipro, Grecia, Lituania, Malta, Monaco, S. Marino, Romania, Federazione Russa, Albania, Austria, Croazia, Ungheria, Moldavia, Norvegia, Polonia, Serbia, Slovacchia, Ucraina e Ungheria.

Questo importante provvedimento è arrivato pochi giorni dopo un’altra fondamentale sentenza della Corte Suprema di Cassazione in merito a quello che venne definito il caso del giudice “anticrocefisso” che rifiutava di tenere udienza finché il simbolo della Cristianità non fosse tolto da tutti i tribunali italiani.

La Cassazione, oltre a confermare la rimozione di questo giudice della Magistratura italiana, ha stabilito che il crocifisso è l’unico simbolo ammesso nelle aule di giustizia. Inoltre, è stato stabilito che per esporre in tutti gli uffici pubblici simboli religiosi diversi dal crocifisso è necessaria una scelta discrezionale del legislatore che al momento non esiste.

Antonietta Oriolo


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