«Oggi
si compie l’annuncio che mi fu rivolto da mons. Dino Foglio, che io
conobbi quando ero ancora all’inizio del mio ministero…: “Io vorrei che
tu partecipassi alla Convocazione e ti inviterò ancora quando sarai
cardinale!”».
Per approfondire il tema
“Noi parliamo con parole non suggerite dalla sapienza umana, bensì
insegnate dallo Spirito, esprimendo cose spirituali in modo spirituale”
(1 Cor 2, 13), il Cardinale si ispira al testo originale greco. Sono
solo una decina di parole, dice, «che raggrumano però tante allusioni,
tante evocazioni e approfondimenti necessari».
La comunità cristiana di
cui parla Paolo è incastonata in una grande metropoli, molto simile a
quella in cui viviamo. Corinto era una città attraversata da diverse
culture e profondamente corrotta. E Paolo, fin dall’inizio della sua
Lettera, condanna il comportamento dei Corinzi, invitandoli a evitare un
gravissimo rischio: quello di essere – come li definisce Ravasi - solo
termometri che si adattano, registrano delle informazioni, assumono i
colori in cui sono immersi, piuttosto che essere termostati che
riscaldano l’ambiente circostante.
Il Cardinale sottolinea
così “quattro punti cardinali”. Il primo punto è “la parola”, “il
parlare”, che nel Nuovo Testamento assume il significato di
“rivelazione”. Il Cristianesimo ci salva da un parlare superficiale e
banale e ci presenta la potenza straordinaria della parola di Dio.
Il secondo punto è che non
si può ridurre «l’esperienza cristiana a un sistema di pensieri; la fede
a un’elaborazione di teoremi da dimostrare». Si deve impedire alla
nostra fede di essere il frutto della nostra razionalità. Dunque, ha
detto il card. Ravasi: «Non dobbiamo fermarci alla ragione, ma dalla
ragione dobbiamo andare avanti» e Dio si rivelerà comunque a noi fino a
condurci alla “contemplazione”, alla capacità di incontrare Dio e
comprendere la possibilità di un’altra “conoscenza”, una conoscenza
trascendentale, quella dello Spirito. Da qui scaturisce il terzo punto:
lo Spirito si rivela prima di tutto nella creazione, e poi nella storia
dell’uomo.
Il card. Ravasi conclude
la sua esegesi e indica l’ultimo punto invitando i fedeli a esprimere
cose spirituali in modo spirituale, a scegliere le cose dello Spirito
con rigore. Non saremo così più «termometro ma termostato per irradiare
luce e calore in questo mondo spesso gelido».
Daniela Di Domenico